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Junior reporter, un sacerdote sumero ci racconta l’origine dei numeri

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Junior reporter, un sacerdote sumero ci racconta l’origine dei numeri
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Cosa collega un sacerdote sumero, dei piccoli oggetti di argilla, una bacchetta di legno, una tavoletta e un bastoncino appuntito? L'intervista immaginaria della focusina Micaela svela questo mistero

Vi siete mai chiesti, però, quando e perché siano nati i numeri?
Intervistando un sacerdote sumero scopriremo cosa unisce lui, l’origine dei numeri, un piccolo cono, un dischetto forato, una sfera vuota, una piccola sfera forata, una bacchetta, una tavoletta e un bastoncino appuntito.

D. Perché proprio un sacerdote sumero dovrebbe parlarci dell’origine dei numeri?
R. I numeri sono nati con l’uomo; già nella preistoria, infatti, l’uomo ha iniziato a contare, spinto dalle necessità della vita quotidiana. Gli uomini primitivi limitarono la propria conoscenza, però, ai primi numeri, per indicare i quali ricorsero a nomi di oggetti concreti, "io" per indicare 1, "ali" per indicare 2, "mano" per indicare 5. I più antichi oggetti utilizzati come supporto alla nozione del numero che sono stati ritrovati, sono le ossa intagliate dagli uomini nella preistoria. Il più antico esempio è un osso di lupo con 55 tacche, trovato nel 1937 a Vestonice (Repubblica Ceca), che risale a 30.000 anni fa e, probabilmente, serviva ad un pastore per verificare, la sera, se tutti gli animali fossero rientrati.
Siamo stati, però, noi Sumeri ad avere, per primi, il concetto di “numerazione” e a scegliere dei simboli specifici che dovevano rappresentare i singoli numeri.
Sono, infatti, sumere, le tavolette di argilla che contengono i più antichi segni numerali usati dall'uomo. Queste e risalgono al 3.500 - 3.000 a.C.

D. Cosa rappresenta questo piccolo cono in argilla e cosa vi lega?
R. Per capirlo, è doveroso che io vi spieghi il motivo per cui abbiamo ideato un sistema di numerazione: la contabilità delle merci. Dovete sapere, infatti, che i contadini sumeri dovevano, infatti, consegnare a noi sacerdoti due terzi dei loro raccolti. Noi ritiravamo i prodotti e avevamo il compito di gestirli, distribuirli e verificare se veniva versato il giusto tributo.

A mano a mano che la città cresceva però non riuscivamo più a tenere a memoria tutta la contabilità senza errori.

Ideammo, perciò, un modo per quantificare l’ammontare di un debito o di un pagamento effettuato, per registrare una proprietà o per quantificare gli oggetti barattati. Inventammo, così i calculi.

D. Cos’erano i calculi? Cosa c’entrano con questo piccolo cono?
R. Questo piccolo cono è proprio uno di questi calculi. I calculi erano oggetti in argilla di forma geometrica e di piccole dimensioni che venivano usati per il conteggio delle merci. I primi calculi erano semplici: avevano una forma, appunto, molto semplice ed erano privi di incisioni.
Una specifica forma rappresentava una specifica merce in una determinata quantità: rappresentavano, quindi, contemporaneamente il tipo di oggetto e la quantità di questo. Questo piccolo cono, ad esempio, corrispondeva a una piccola quantità di grano, mentre una sfera a una grande quantità di grano. Con il tempo, vi fu, però, una maggiore varietà di prodotti e manufatti da scambiare e catalogare e questi non furono più sufficienti.
Introducemmo calculi sempre più numerosi e differenti per forma e dimensione: i calculi complessi. Questi avevano, quindi, una forma più varia e più complicata rispetto ai precedenti, definiti semplici. Anche loro, però, rappresentavano contemporaneamente il tipo e la quantità di oggetti.

D. Anche questo dischetto forato è un calculo complesso?
R. Sì, ma non solo. Nacque, ben presto, un problema molto serio: la sicurezza. Bisognava trovare il modo di non far perdere i calculi per distrazione o volontariamente. Vi erano spesso, infatti, litigi tra contadini, mercanti e scribi per presunti imbrogli su aggiunte o sottrazioni di calculi.
Costruimmo, così, calculi a forma di disco forati al centro. Dentro il foro dei vari dischi, facevamo passare una corda che veniva chiusa con un pezzo d’argilla sul quale veniva posto il sigillo del sacerdote. In questo modo era impossibile togliere o aggiungere dischi senza rompere la sicura con il sigillo.
I calculi, erano tutti dischi e, quindi, si differenziavano, non più per forma, ma per i segni con cui venivano incisi. Anche questa volta i calculi rappresentavano sia gli oggetti, sia la quantità di essi. Il sistema non era, comunque sicurissimo, perché i dischi, cadendo, potevano rompersi.

D. Questo era davvero un grande problema. Questa sfera vuota è la soluzione che trovaste?
R. Ideammo le bulle. Le bulle sono proprio queste sfere cave d’argilla dentro le quali venivano rinchiusi i calculi complessi. Erano, perciò, inizialmente un semplice contenitore. Sulla superficie della bulla veniva posto il sigillo di un sacerdote, come me, in modo che non potesse essere manomesso.

La chiusura della bulla impediva la perdita dei calculi, garantendo la conservazione della memoria del conteggio, e un sigillo sull’esterno conferiva al tutto un valore legale.

Con il tempo, ci fu un’evoluzione delle bulle. Le bulle non contenevano più calculi che rappresentavano oggetti diversi. Ogni bulla conteneva un solo tipo di oggetto che veniva indicato sulla superficie esterna della bulla con un simbolo a pittogramma. All’interno venivano conservati nuovi tipi di calculi che indicavano non più il tipo dell’oggetto, ma solo la loro quantità. Si ebbe, così, per la prima volta la nascita di uno specifico simbolo per una specifica quantità numerica.

D. Questa piccola sfera forata è uno di questi calculi contenuti nella bulla e che rappresentano per la prima volta nella storia una specifica quantità numerica?
R. Sì. Questo è uno di quei calculi. Erano 6. Ognuno aveva una forma differente corrispondente a un valore diverso: il piccolo cono, la sferetta, il grande cono, il grande cono perforato, la sfera e la sfera perforata. I simboli usati nella numerazione corrispondevano rispettivamente ai numeri 1, 10, 60, 600, 3600, 36000. Questa piccola sfera perforata rappresenta, quindi, 36000.
Noi adottammo, una numerazione sessagesimale, costruita sulle basi alterne 10 e 6 e si basarono sulla progressione 1 – 10 - 60 - 600 - 3600 – 36000.
Il sistema decimale in uso oggi è un sistema molto più facile ed intuitivo dal momento che gli esseri umani hanno dieci dita per contare. Per questo motivo, diverse civiltà ben presto hanno sostituito il nostro sistema sessagesimale con quello decimale, tra cui i greci (circa 300 a.C.), i cinesi (100 a.C.) e gli indiani (circa il 100 d.C.).

D. Qual è il ruolo della bacchetta di legno in tutto ciò?
R. Il suo ruolo è legato al maggior limite della bulla: per aprirla e controllarne il contenuto, doveva essere sempre rotta e, successivamente, poi ricomposta e sigillata nuovamente.
Avemmo così l’idea di incidere, con una bacchetta di legno come questo, il contenuto degli oggetti anche sulla superficie esterna della bulla. In questo modo si poteva vedere facilmente ed immediatamente la quantità della merce, senza essere costretti a rompere, ogni volta, la bulla.
Per questo motivo, ideammo una specie di segni convenzionali che corrispondessero ai 6 tipi fondamentali di calculi.

D. Non è inutile la presenza di calculi nella bulla, se incidevate lo stesso valore anche all’esterno di essa?
R. E’ un’osservazione giustissima. Anche noi, ben presto ci rendemmo conto di ciò e, perciò, la bulla diventò inutile e fu sostituita con una tavoletta piatta, proprio come questa.
Sulle tavolette venivano incisi il simbolo (pittogramma) dello specifico oggetto con accanto i simboli che ne indicavano la quantità. Veniva infine messo il sigillo del sacerdote responsabile.
Le tavolette, inoltre, presentavano molti vantaggi rispetto alla bulla.
Innanzitutto la tavoletta era, senza dubbio, decisamente più comoda e maneggevole e la procedura di incisione era più semplice e più veloce.
Le tavolette avevano, inoltre, un altro importante vantaggio. Potevano essere suddivise con linee verticali e orizzontali in vari riquadri. Ognuno rappresentava un oggetto diverso e la rispettiva quantità. Una sola tavoletta, quindi, corrispondeva a molte bulle, anche più di trenta. Le tavolette, sostituirono, così, definitivamente le bulle.

D. Prima hai detto che la scrittura sulla bulla e poi sulla tavoletta era curviforme, ma io so che la scrittura sumerica è cuneiforme?
B. Inizialmente la scrittura dei numeri sulle bulle e sulle tavolette era curviforme perché fatta con cerchi e semicerchi fatti con la punta arrotondata dei bastoncini. Nel 2700 a.C. circa, cambiammo la forma dello stilo: l’estremità era tagliata in modo da avere un tratto a forma di cuneo. Questo cambiamento diede origine alla scrittura cuneiforme. I simboli dei numeri assunsero allora un aspetto differente, da curvilineo a rettilineo. Questi simboli cuneiformi adottavano lo stesso sistema esagesimale e additivo usato con i simboli curviformi.
I segni erano mutati, ma corrispondevano alla stessa modalità di numerazione precedente.
Tutto, però, nacque, migliaia di anni fa, per motivi contabili con questi oggetti di creta e bastoncini di legno.

Micaeala Luisa