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Intervista a Carolina Kostner

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A sei anni ha fatto la sua prima gara: oggi è una campionessa e incoraggia i ragazzi a pattinare.

Carolina Kostner avrebbe voluto fare la trapezista, o la sciatrice, come sua cugina: «Ma sulla neve fa troppo freddo. Sul ghiaccio almeno... c’è lo spogliatoio dove puoi riscaldarti. Quindi ho scelto di pattinare». Scelta azzeccata: così è diventata una campionessa e le sue fan Emma, Tabata, Chloe e Vittoria hanno potuto intervistarla a Milano.

Come fai a essere così sciolta in gara?

Il mio allenatore mi racconta le barzellette per distrarmi. E poi ho alcuni metodi per rilassarmi e tenere i pensieri sotto controllo: faccio esercizi e penso alle montagne di casa mia e alle mie amiche. Però devi anche accettare che è normale vere paura e agitarti.

Ti capita ancora di avere paura?

Quando sai che ti guardano tante persone, anche se devi fare la cosa più semplice del mondo un po’ di ansia ce l’hai. Ogni volta che entro in pista mi dico: “Oh mamma, perché lo faccio?”. Dopo, invece, comunque vada, sono contenta di aver avuto il coraggio di entrare.
In ogni caso, se so che sono preparata, che gli allenamenti sono andati bene il giorno prima, sono abbastanza tranquilla. Altrimenti
ho paura. Anche alle Olimpiadi, prima di entrare in pista, ne avevo tanta. Però quando insegui un sogno devi anche avere il coraggio di fare un passo oltre al limite che conosci già. Soltanto così si può vincere.

 

| Ipa
Quelli disegnati sulle magliette sono i bozzetti dei tuoi costumi?

Sì, con questo bianco e con questo nero (indicando le magliette disegnate da Carolina Kostner per la sua linea di moda e indossate dalle nostre reporter) ho fatto le Olimpiadi. Mi piace vedere il sorriso di voi bimbi
che le indossate e in questo modo voglio incoraggiarvi a decidere di pattinare.
Ora le domande le faccio io: chi di voi pattina?

Se cadi, rialzati e vai avanti

I dubbi. «Dopo le Olimpiadi di Vancouver nel 2010, dove in gara ero caduta 4 o 5 volte, mi sono detta: “Be’, Carolina, adesso mi sa che devi smettere, non ci riesci”. Dopo un po’ però mi mancava la quotidianità dell’allenamento e mi dicevo: “Non è possibile che io decida il corso della mia vita solo in base a una gara che può andare bene o male”. Allora ho ricominciato a pattinare, ma non perché ho bisogno di una medaglia o di una vittoria, ma perché ho bisogno del pattinaggio in sé.

 

| Ipa
Quando pattino mi sento a casa.

Ovviamente ci sono le giornate che vanno bene e quelle che vanno male, ma sai che fa parte della tua vita. E una caduta non te la cambia: quando cado all’inizio mi arrabbio, mi alzo e dico: non cadrò mai più. E poi ricapita. Però penso debba essere uno stimolo ad accettare la sconfitta: la cosa più importante che ti insegna lo sport è accettare che non sempre si vince. E se ci riesci, entri in gara più tranquilla: non è la fine del mondo se cadi, anche nella vita».

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