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FocusJunior.itIntervisteChi è Sfera Ebbasta? Lo abbiamo chiesto a lui (e a un esperto)!

Chi è Sfera Ebbasta? Lo abbiamo chiesto a lui (e a un esperto)!

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Chi è Sfera Ebbasta? Lo abbiamo chiesto a lui (e a un esperto)!
Andrea Pavesi

È il king del Trap italiano e presiede stabilmente i primi posti delle classifiche discografiche. Ecco la nostra intervista al cantante con approfondimento di un esperto sul personaggio Sfera

Eccoloooooo, sta arrivando!!!! I reporter junior sono molto curiosi di incontrare uno dei loro rapper favoriti: Sfera Ebbasta.

Il suo vero nome è Gionata Boschetti, ha 25 anni, parecchi tatuaggi, capelli colorati di rosso (o rosa), occhiali da sole bianchi e... i denti d’oro!

Partono subito le domande...

Come ti senti ora che hai successo?
«È bello essere famoso, tutti ti riconoscono, molti ti vogliono bene. Ma per tanti che ti apprezzano, in molti ti rompono le scatole.
Ogni tanto è difficile anche fare cose semplici, come andare a cena con la tua ragazza; tutti vogliono la foto...
Però ti dico: non cambierei con nient’altro al mondo questa situazione!»

Quanto tempo dedichi alla musica?
«Tutto il giorno! Da quando mi sveglio a quando vado a letto. Anche se non sto scrivendo
una canzone, qualsiasi cosa penso riguarda la musica».

Raccontaci di Ciny.
«Sono nato a Sesto San Giovanni, poi ho vissuto a Cinisello, poi mi sono trasferito e dopo
sei anni sono tornato. Tutto è nato quando ho detto ai miei amici: “Cavolo, che bello essere
tornato a Ciny”. All’inizio mi hanno preso in giro, poi è diventato un modo di dire, tanto che
quando abbiamo girato il video di Ciny c’era un sacco di gente per strada».

Qual è il significato di “Notti”?
«Ho voluto raccontare come in poco tempo la mia situazione si sia completamente ribaltata. Prima non
avevo un lavoro e anche mia madre, a 50 anni, aveva perso il suo. Poi è cambiato tutto. Ora non ho più il problema di dovermi preoccupare del mese dopo»

Sfera Ebbasta e i Junior Reporter
Credits: Andrea Pavesi

E la scuola?
«Ho fatto ridere i polli. Stanno ancora ridendo (ride di gusto)».

Materia preferita?
«Intervallo. Durante l’intervallo ero bravissimo!»

Tra matematica e italiano?
«Italiano e storia! Ma andavo bene solo in inglese. Studiatelo, perché se lo sapete potete
andare ovunque».

Che cosa hai fatto prima di diventare un rapper?
«Ho lavorato in un negozio di articoli sportivi e poi come barista. La mia concentrazione però
era sempre sulla musica. Era la mia missione. Se vuoi una cosa, l’unica cosa che devi fare è incaponirti. Quando i miei amici erano a
ballare, io ero in studio, quando uscivano a bere, io ero in studio. Ora è la stessa cosa, quando i miei amici escono, io sono in studio».

Lo sai che i genitori ti considerano un cattivo esempio?
«Io non ho mai detto di fare come me. Io racconto una cosa e chi ascolta deve essere abbastanza intelligente per capire. Non sono la bocca della verità. Bob Marley non viene giudicato per il suo comportamento. Lui è Storia per un’altra cosa. Capisco che i genitori debbano controllare i figli, però non devono essere troppo rigidi e le mamme troppo chiocce. Si rischia l’effetto contrario».

Quando parli di tua mamma, si sente tanto affetto. Raccontaci di lei.
«Sono cresciuto con lei, perché i miei erano separati. Lei è la mia prima fan, mi ha sempre sostenuto.
Anche quando non avevamo soldi e dovevamo campare con pochi euro, non mi ha mai costretto ad abbandonare i miei sogni».

C’è rabbia e dolore nelle tue canzoni?
«Certo, nelle mie canzoni c’è tutto. Alla fine sei tu, quindi ci sono tutte le
emozioni che hai provato, cose concrete, tangibili. I miei testi sembrano un po’
fuori dalla realtà, ma perché io stesso sono così: per me, tutto è fattibile».

Sfera Ebbasta
Sfera canta trap, un sottogenere del rap nato agli inizi degli anni ‘90 in America, ma legato di più all’ambiente delle periferie.
Credits: Thaurus

La tribù di Sfera (dell'antropologo franco Capone)

Ha 100 tatuaggi sulla pelle e quell’aria da simpatico bad boy, cioè cattivo ragazzo. Ambienta i video musicali nelle periferie, come nella sua Ciny, dove scoppiettano i motorini e quando esci di
casa trovi subito gli amici del quartiere.

A scuola Gionata Boschetti era un disastro, ha lavorato un po’, ma di spiccioli in tasca ne aveva pochi, poi tutto è cambiato con il rap e quel nome d’arte scelto per scherzo: Sfera Ebbasta. A colloquio con i reporter junior, il fenomeno del rap italiano, 25 anni, si racconta.

Tanti lettori hanno voluto questo incontro con il loro eroe musicale.

Ma perché lui piace tanto ai ragazzi?

Dal punto di vista antropologico, Sfera si propone come un capo tribù. Non c’è bisogno di nascere fra i Masai del Kenya per sentire l’antico richiamo tribale: da noi ci sono le tribù del calcio, della politica, della strada, della musica.

Una tribù ha un territorio, storie da raccontare o da cantare, un capo e i suoi simboli. Sfera Ebbasta mostra tatuaggi, gioielli e vestiti particolari, gesti e modi di dire che formano l’estetica della sua tribù.

Il territorio che propone non è la prateria di Toro Seduto, dove pascolavano i bisonti, figuriamoci poi gli ordinati giardini di un conservatorio musicale, ma è lo spazio incasinato del quartiere, sotto casa, facile da raggiungere e da conoscere, nel bene e nel male un luogo urbano simile a molti altri e in cui chiunque, anche solo un po’, può riconoscersi.

Sfera Ebbasta e i Junior Reporter
Credits: Andrea Pavesi

Se sei un ragazzino vedi Sfera come uno che ti assomiglia, solo un po’ più grande. Occhio però: dice parolacce a go-go, ma sa benino l’inglese e usa i termini dei discografici e del marketing, tecnica del vendere. Il successo e le possibilità economiche lo rendono in realtà pienamente adulto.

Si potrebbe aggiungere che ai più giovani può apparire come un “eroe della città”.

L’attrazione per gli eroi è sempre stata forte nei ragazzi di tutti i tempi. Nell’antica Grecia era incoraggiata, ma anche regolamentata dall’educazione che davano i miti. Solo agli eroi e ai semi-déi le divinità dell’Olimpo concedevano il successo in determinate imprese e magari di assaggiare il “cibo degli dei”. Se però un comune mortale oltre ad ammirare questi semi-déi, voleva imitarli negli eccessi, il gesto era bollato con una sola parola: hybris (superbia).

Nella mitologia, chi andava oltre i propri limiti, cedendo all’hybris, faceva sempre una
brutta fine.

E questo che c’entra con Sfera nel 2018?

Quando Sfera Ebbasta avverte che sarebbe assurdo e pericoloso imitare certi protagonisti delle sue storie (di “epica cittadina”) si riferisce in qualche modo all’ hybris. Le sue canzoni contengono racconti, non vogliono dare cattivi esempi.

Afferma che chi lo imita negli eccessi, senza sapere bene quello che fa è un cretino (in verità, lui ha detto una parola che inizia con “c” e finisce con “e”) perché lui può gestirseli (età, esperienza, ruolo) mentre altri no.

Ma Sfera Ebbasta è anche un tipo pratico: racconta che mentre gli amici vanno a divertirsi, lui è quasi sempre chiuso nel suo nuovo studio, impegnato con la musica, ad ascoltare, a provare e riprovare.

 Perché i risultati, anche gli eroi metropolitani, li raggiungono con costanza e fatica.

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