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Perché il cielo è blu?

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Vi siete mai chiesti perché, con la bella stagione, il cielo sia azzurro? E perché all'alba o al tramonto diventi rosso, mentre di notte è buio? Scoprite in questo articolo tutte le risposte alle vostre domande!

Con il bel tempo si vede un bel cielo libero dalle nuvole e colorato di blu. Già, ma perché il cielo è blu? Ecco una spiegazione chiara per capire questo fenomeno.

Perché il cielo è blu?

La luce del Sole è bianca perché contiene tutti i colori “mescolati” nello stesso raggio; ogni colore si sposta con onde più o meno ampie. Quando la luce entra nell'atmosfera terrestre, si “scontra” con i gas dell’aria: i colori con onde più lunghe (il rosso, ad esempio), “scavalcano” le particelle dell’aria e continuano il loro tragitto.

L'azzurro, invece, ha onde più corte: si scontra con le particelle ed è deviato e riflesso in tutte le direzioni. Così, ovunque si guardi, i suoi raggi arrivano ai nostri occhi e "colorano" di blu il cielo (nelle belle giornate)!
Ecco perché il cielo è blu.

Perché al tramonto il cielo diventa rosso?

Al tramonto (o all'alba), invece, la luce percorre molta più strada attraverso l'atmosfera, quindi gran parte dell'azzurro si “disperde” prima di arrivare ai nostri occhi.

Perché alcuni tramonti sono più intensi di altri? È tutta una questione di prospettiva, cioè dipende da dove ci troviamo e da quante particelle – vapore acqueo, polveri e inquinamento – sono intrappolate nello “strato limite” dell'atmosfera che fa da “scudo” alla luce.

Avete mai preso un aereo? Bene, se vi è capitato di volare al tramonto avrete sicuramente potuto notare la differenza: quello che da terra vi sembrava un tramonto “normale” da lassù, dove l'aria è più pulita, ha sicuramente assunto colori più forti.

Perché di notte il cielo è scuro?

I più ferrati in scienze tra voi potrebbero rispondere: perché il Sole si trova dietro la Terra. E invece no: il cielo notturno è più buio perché l'Universo è in espansione!

La teoria è conosciuta anche come Paradosso di Olbers, dal nome dell'astronomo tedesco Heinrich Wilhelm Olbers che nel 1826 si pose questa stessa domanda.

All'epoca si pensava che l'Universo fosse di estensione infinita ed eterno, e che le stelle fossero distribuite in maniera uniforme: con questi presupposti, però, il cielo di notte avrebbe dovuto essere luminosissimo.

Il primo a intuire la soluzione fu lo scrittore Edgar Allan Poe, che mise in dubbio l'eternità dell'Universo e sostenne che la radiazione delle stelle più lontane non fosse ancora giunta a noi. Un'osservazione corretta (la luce ha una velocità limitata e guardare lontano, in qualche modo, significa guardare nel passato!) che quasi un secolo dopo fu spiegata in maniera scientifica dall'astronomo statunitense Edwin Hubble, che dimostrò che l'Universo si sta espandendo e che non è infinito.

Hubble rispose così al paradosso di Olbers, dicendo che le stelle più lontane non sono osservabili nello spettro visibile con i nostri occhi ma nell'infrarosso, a cui invece i nostri occhi non sono sensibili.

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