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TORNIAMO AI FONDAMENTALI DI UNA DIDATTICA CONDIVISA

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TORNIAMO AI FONDAMENTALI DI UNA DIDATTICA CONDIVISA
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I docenti devono potersi confrontare su idee e valutazioni per aiutare gli alunni, condividere il lessico, negoziare le differenti prospettive metodologiche e sensibilità educative.

Oggi molti insegnanti chiedono di poter ritornare ai fondamentali: accompagnare la classe e ogni bambino a stare bene a scuola, trovare fiducia e metodo nell’apprendere e imparare le cose che sono scritte nelle Indicazioni Nazionali, che sono molte e molto importanti, anche al fine di continuare ad apprendere, a scuola e dopo. E sempre più spesso chiedono che, per potere fare bene queste cose, vengano ripristinate e liberate da altre incombenze le due ore settimanali di lavoro tra docenti per programmare e verificare il proprio operato.

LA SITUAZIONE

La scuola primaria è l’unico segmento della scuola italiana che prevede che l’orario settimanale dei docenti comprenda, oltre all’orario-cattedra (22 ore), anche un orario di progettazione pedagogica (due ore) per la classe. Questo momento di condivisione fu istituito come naturale conseguenza del superamento del docente unico e dell’introduzione dei moduli, a seguito della legge n.148 del 5 giugno 1990. Da allora si è costruita una solida tradizione di lavoro comune.

Poi, con la riforma Gelmini, riducendosi le compresenze nei moduli, si è provocata una forte rotazione dei docenti che ha messo in discussione la possibilità di vedersi per pensare insieme a didattica e bambini. Questa perdita non è mai stata davvero recuperata.

Per mitigarla, le norme e il contratto nazionale consentono di svolgere la programmazione anche con cadenza quindicinale. Ma va riconosciuto che nel corso degli anni non si sono superate tali complessità e che, purtroppo, questo tempo dedicato a preparare la propria arte viene spesso scippato da sollecitazioni dall’alto e incombenze burocratiche, sia dovute a circolari ministeriali che piombano sulle scuole invadendo il campo di chi dovrebbe essere lasciato libero di far bene il proprio mestiere, sia da parte di troppi dirigenti scolastici che sollecitano i docenti con compiti obiettivamente secondari. E questo accade nonostante si sia sempre ribadita l’importanza di una programmazione dedicata al senso dell’operare con e per i bambini: basta leggere il dlgs 27/10/2009, n.150.

SI PUÒ MIGLIORARE?

Oggi ogni dirigente scolastico può favorire una salutare inversione di rotta e aiutare il collegio docente a superare le difficoltà d’orario per dare ai gruppi docenti in azione tutto l’agio di dedicare le due ore settimanali a ciò per le quali sono nate.

E il Miur dovrebbe ricordare che una delle ragioni che spiegano perché l’apprendimento dei bambini nella scuola primaria è stato valutato positivamente, secondo tutti i rilevamenti e le comparazioni internazionali, risiede proprio nella cooperazione costante tra i suoi docenti; mentre nei cicli successivi tale valutazione peggiora. E una delle cause è da attribuire al fatto che vi sono meno occasioni di didattica condivisa.
Il buon insegnamento è quella capacità di sollecitare la curiosità nei bambini e ha bisogno di dare un indirizzo educativo comune e offrire una didattica ben preparata.

Ma per far questo ci vuole tempo. Perché i docenti devono poter confrontare idee e valutazioni su come aiutare i loro alunni, condividere il lessico, predisporre ritrovati operativi che funzionino, negoziare le differenti prospettive metodologiche e sensibilità educative guardando all’interesse primario di chi apprende. La riflessione comune deve essere una parte essenziale di ogni professione di cura. E alla cooperazione che viene richiesta in classe ai bambini per imparare, deve corrispondere la cooperazione tra docenti.

Quindi sì, torniamo ai fondamentali!