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Scuola: il modello Finlandia è applicabile in Italia?

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Scuola: il modello Finlandia è applicabile in Italia?
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In Finlandia già dagli anni Sessanta hanno capito che per essere un Paese competitivo bisogna garantire un’ottima educazione a tutti e che l’istruzione pubblica è la vera chiave della ripresa economica. Ma per asportare tale modello serve coraggio...

«Ho studiato il modello Finlandia per innovare il modo di insegnare. Ho aperto tavoli sul tema dell’innovazione nel modo di insegnare, un modello di riferimento è la Finlandia dove hanno ridotto l’orario scolastico e usano le nuove tecnologie per fare insegnamenti trasversali, con l’uso di linguaggi più semplici e accessibili, un modo divertente e accattivante per avvicinare gli studenti alle materie più ostiche». Queste sono state tra le prime parole dette dall'ormai ex-ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti.

Da tempo pare infatti che la Finlandia faccia parte dei modelli da seguire. Ma i numeri del Paese nordico sono diversi dai nostri: stiamo parlando di 62mila docenti sparsi in 3500 scuole. Un numero così basso da potersi permettere una dura selezione superata solo dal 10% dei candidati che devono seguire corsi di specializzazione post laurea per l’insegnamento. Le scuole sono così piccole che gli insegnanti conoscono i bambini uno a uno.

COME FUNZIONA IL MODELLO FINLANDIA?

La riforma del sistema scolastico finlandese è stata avviata quasi quarant’anni fa nell’ambito del piano di rilancio economico del Paese. Ma i risultati si sono visti solo nel 2000 quando sono stati pubblicati i dati del Pisa (Programme for International Student Assessment). Il sistema scolastico finlandese non prevede test. C’è solo un esame finale al termine della scuola superiore. Non ci sono graduatorie, confronti o competizioni tra studenti, scuole o regioni. Ogni istituto ha gli stessi obiettivi nazionali e attinge da educatori con una formazione universitaria alle spalle. Questo significa che gli studenti finlandesi, che vivano in campagna o in città, hanno buone probabilità di ricevere un’istruzione di pari qualità.

Secondo uno studio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), la differenza tra il livello di preparazione degli studenti meno bravi e quella dei più bravi è la più bassa al mondo. Il 93% dei finlandesi si diploma nei licei o nelle scuole professionali e il 66% prosegue gli studi all’università: la percentuale più alta dell’Unione europea.

La Finlandia oggi è così perché nel 1963 il parlamento prese una decisione coraggiosa: puntare sull’istruzione pubblica come fattore chiave della ripresa economica. Lo chiamarono “Il grande sogno della scuola finlandese”. L’idea era molto semplice: ogni bambino aveva diritto a un’ottima scuola pubblica. Ciò che avevano capito in Finlandia era che per essere competitivi bisognava garantire a tutti un’istruzione di qualità.

DIFFERENZE SOSTANZIALI

Non sembra essere questo l’intento dell’Italia, almeno fino a oggi. Fioramonti faceva bene a guardare alla Finlandia ma lo avrebbe potuto fare fare solo tenendo conto della nostra realtà.

Basti guardare il rapporto annuale Education at a glance 2019. L’Italia spende circa il 3,6% del suo Pil per l’istruzione dalla scuola primaria all’università: una quota inferiore alla media Ocse del 5% e uno dei livelli di spesa più bassi tra i Paesi dell’Ocse. La spesa è persino diminuita del 9% tra il 2010 e il 2016 sia per la scuola sia per l’università. L’Italia dà poca attenzione anche al livello di prescolarizzazione: spende circa 7400 dollari statunitensi per allievo nelle scuole pre-primarie, circa mille dollari in meno rispetto alla media Ocse.

Altro grido d’allarme: siamo fanalino di coda per numero di laureati. Solo il 19% dei 25-64enni ha un’istruzione terziaria contro una media del 37%. È chiaro che per seguire il modello Finlandia serve lo stesso atto di coraggio che il parlamento finlandese ebbe nel 1963: puntare sulla scuola per rilanciare l’economia.

Focus Scuola è il nuovo mensile per gli insegnanti del Gruppo Mondadori, un magazine rivolto a tutti i docenti delle scuole primarie e secondarie di primo grado, per aiutarli ad affrontare le nuove sfide dell’insegnamento nell’era digitale. La rivista propone approfondimenti sugli ultimi studi scientifici e pedagogici, ma anche idee di buone pratiche sperimentate in Italia e nel resto del mondo dai singoli insegnanti e fornisce spunti su didattiche innovative e sull’uso della tecnologia in classe

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