Formulare un’ipotesi, metterla alla prova, analizzare gli errori e riformulare l’ipotesi rappresenta, in sintesi, il cuore del metodo scientifico. A scuola, spesso, ci limitiamo invece a raccogliere informazioni, notizie, dati su
un argomento, ed etichettiamo questo processo come “fare ricerca”.
C’è però un modo per coinvolgere i ragazzi, anche della scuola primaria, in un vero processo scientifico. È il coding, un processo nel quale lo studente, attraverso una serie organizzata di comandi, costruisce un programma per realizzare un obiettivo. Se non si ottiene quello che si ipotizzava, allora si analizza l’errore e si modifica il programma.
L’esercizio di imparare dai propri errori e di riformulare l’ipotesi di partenza, in questo caso il programma, rappresenta un’importante palestra di esercizio logico. Tutto questo rimane però sullo schermo di un computer. Si può ottenere qualcosa di più con le stampanti 3D.
UN NUOVO STRUMENTO DIDATTICO?
Queste nuove stampanti non sono strumenti complessi che possono stare soltanto in laboratori o aziende all’avanguardia. Al contrario, offrono oggi numerose opportunità anche per la didattica.
La peculiarità delle stampanti 3D è che non stampano documenti, ma oggetti fisici. A una stampante 3D quindi non si invia un testo bensì un progetto, in genere il disegno modellizzato dell’oggetto da realizzare. Questo processo stimola i bambini a pensare e progettare nelle tre dimensioni. Li costringe cioè a prendere in considerazione, oltre a larghezza e altezza, anche la profondità, una dimensione che in genere nel disegno viene ignorata.
Anche con i più piccoli (cinque anni) si possono progettare attività molto coinvolgenti. I bambini disegnano oggetti, giocattoli ma anche personaggi di una storia, e la stampante li realizza. Magari le gambe del tavolo o di un personaggio risultano una più lunga dell’altra e l’oggetto non sta in piedi; allora si torna al progetto iniziale per correggerlo e riprovare.
Le stampanti 3D potenziano, dunque, sia lo sviluppo di competenze logiche e di orientamento spaziale, sia il processo scientifico di costruzione di un’ipotesi (progettazione) e poi di utilizzo degli errori per la verifica (creazione degli oggetti e miglioramento/correzione degli errori; realizzazione di un nuovo oggetto).
Siamo di fronte, in sintesi, a una tecnologia innovativa che ha però un costo contenuto (mediamente 500 euro) e può essere utilizzata facilmente anche a scuola.