Nella scuola primaria torinese "Federico Sclopis" una mattina di gennaio del 2015, la maestra Lucia Santamaria distribuì un foglio bianco ai bambini e alla bambine della classe terza B, con questa consegna: «Disegnate la mia caricatura, cioè un ritratto che mi somigli ma che accentui alcune mie caratteristiche in modo ridicolo». L’insegnante propose questo lavoro alla classe per stimolare una riflessione sul senso dell’umorismo e sulla libertà di espressione e di stampa, dopo che, il 7 gennaio 2015, a Parigi, un gruppo di persone armate erano entrate nella redazione del giornale satirico, ricco di caricature, Charlie Hebdo, e avevano ucciso 12 persone (11 rimasero ferite), tra giornalisti e vignettisti.
Quella consegna ha un senso profondo dal quale si può prendere spunto per riflettere sul valore di un’esperienza didattica e socializzante legata alla scrittura umoristica in classe.
E il perché ce lo racconta Paola Zannoner, autrice per l’infanzia e l’adolescenza, in Libro, facci ridere! Ricette di scrittura e lettura umoristica (Mondadori): «Non è un caso che l’umorismo sia da sempre il peggior nemico per i regimi totalitari e per chi esercita il potere come manipolazione del pensiero: l’umorismo rende i confini incerti, le frasi paradossali, la realtà molto più sfaccettata e contraddittoria». E nel definirlo aggiunge: «L’umorismo è un esercizio d’intelligenza umana che serve a ridimensionare eventi e atteggiamenti, ad andare oltre la superficie e a scoprire l’altra faccia della medaglia».
E, come in questo caso, l’altra faccia della maestra.
I CONFINI DEI BAMBINI
Negli anni della formazione primaria e secondaria di primo grado, i bambini e le bambine si trovano ancora in una condizione psicologica in cui i confini tra lecito e illecito, tra vergogna e libertà, tra possibile e impossibile, tra dovere e volere sono ancora poco strutturati, e quindi mobili, e il loro compito di crescita è proprio saggiare queste frontiere, esplorarle e trovare un compromesso tra desideri, competenze e convivenza con gli altri.
A guidare i bambini su questo terreno di con ne sono gli adulti che, tuttavia, a volte esagerano, si confondono, o pretendono troppo, con poco rispetto per il tempo lento e individuale dei piccoli, trasformando la realtà in qualcosa di rigido, mentre per i bambini, continua Zannoner, «il concetto di metamorfosi del banale è immediato, perché è esattamente aderente al loro modo di avvicinarsi alle cose e di interpretare la realtà».
Ed è proprio giocando con questi confini che si possono creare interessanti laboratori di scrittura umoristica.
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UN CRESCENDO DI (E CON LE) RISATE
In particolare, a seconda dell’età, ci sono alcuni temi più esilaranti e attraenti per i bambini: per la fascia 6-8 anni quelli legati ai tabù, ovvero le cose delle quali non si può parlare, tutto ciò che puzza, che fa parte dei bisogni corporali, come L’incredibile storia di Lavinia di Bianca Piztzorno, in cui la protagonista ha l’abilità di trasformare ogni cosa che tocca in cacca; dai 9 agli 11 le storie che parlano di sovvertimento, legate all’infrazione dei doveri per andare verso i voleri, come per la ribelle Pippi Calzelunghe; mentre per chi ha dai 12 ai 14 anni ci sono le vicende legate al contrasto, alle relazioni sociali, con famiglia e amici e al vedersi diversi (e peggiori o isolati) da quello che si vorrebbe essere come nel libro La mia famiglia e altri disastri di Bernard Friot.
I MECCANISMO DELL'UMORISMO
Rivelazione, sovvertimento e contrasto sono infatti i tre meccanismi principali dell’umorismo, siano essi legati alle singole frasi o ai testi brevissimi come le barzellette, oppure alle strutture narrative più lunghe, come racconti, romanzi o film.
I ribaltamenti della realtà permettono di vedere il mondo da un punto di vista più ampio, sorprendente (da lì la risata) e liberatorio, legato al poter dire e fare ciò che non viene solitamente concesso ma, in realtà, è innocuo, soprattutto sulla pagina. E, spesso, più saggio della morale corrente. Dopo aver preso confidenza con questi meccanismi attraverso i testi proposti, si passa alla sperimentazione diretta.
Per cominciare, un buon modo, n dalla prima classe, può essere quello di lavorare sulle strutture minime del testo: le frasi. Il linguaggio che usiamo ogni giorno è un calderone di frasi fatte e di binomi stereotipati che possono essere smontati e rimontati con un effetto ridicolo e che solletica la fantasia.
Si vedano i noti binomi fantastici di Gianni Rodari ma anche le invenzioni bizzarre, come quelle che possono nascere da due liste di oggetti-valigia come il tostapane o la lavapiatti e diventare altro: il tostapiatti e la lavapane, come funzionerebbero e a che cosa servirebbero? Già immaginarli fa ridere e apre la porta a storielle comiche.
Una distinzione importante, alla quale i bambini sono estremamente sensibili, è in ne quella tra umorismo e sarcasmo. Perché l’umorismo è sempre caldo, empatico, nasce dalla tenerezza per la natura contraddittoria degli esseri umani, mentre il sarcasmo sottolinea i difetti, aggredisce l’altro con freddezza e distacco, contiene un giudizio. E ne soffriamo, in realtà, tutti: adulti e piccini.
IL GIOCO DELLE DOMANDE E DELLE RISPOSTE MESCOLATE (prima e seconda classe della scuola primaria)
CARICATURE DISEGNATE E SCRITTE (dalla terza alla quinta classe della scuola primaria)