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Patrizio Roversi: “Viaggiare? Un diritto e un dovere!”

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Patrizio Roversi: “Viaggiare? Un diritto e un dovere!”
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Occasione di conoscenza, incontri e scoperta, il viaggio è un’esperienza formativa fondamentale.

Tutti se lo ricordano per le trasmissioni televisive Turisti per caso e Velisti per caso in onda su Rai3: Patrizio Roversi, attore teatrale e conduttore televisivo, è innanzitutto un viaggiatore. Mantovano di nascita, bolognese d’adozione, ha attraversato il mondo con la moglie, l’attrice Maurizia Giusti, più nota come Syusy Blady. A lui abbiamo chiesto quali sono i benefici di viaggiare e come trasmettere questa passione agli studenti.

Che valore ha per te il viaggio?
«Da certi punti di vista è un diritto e da altri un dovere. È in assoluto occasione di scambio, conoscenza e rapporti umani. E, visto come va il mondo, mi sembra una necessità. Purtroppo questo diritto adesso è difficile da esercitare. Ci sono molte difficoltà legate alla sicurezza. Molte zone non sono più agibili. Penso allo Yemen: è forse uno dei viaggi più interessanti che ho fatto e ora è in una situazione terribile. Penso anche all’Egitto, alla Libia, al Mali. Ora queste regioni sono destabilizzate. Il viaggio diventa quindi anche una sorta di parametro per misurare la pace. Per me è stata l’occasione per vedere da vicino molte contraddizioni e soprattutto un modo per instaurare relazioni».

Come affronti le differenze culturali quando visiti un Paese straniero?
«Quando devo partire per un viaggio impegnativo sono sempre un po’ in ansia. Mi preoccupo sempre. La soddisfazione più bella è quando finalmente sei partito e capisci che ti stai adattando. L’adattamento a una situazione diversa da casa tua è un processo che ti rende felice. È un obiettivo. I viaggi riescono sempre a stupirti. Anche se hai studiato la situazione, quasi sempre le aspettative vengono ribaltate: ci sono sempre delle sorprese, ma è questo il bello. Ciò che ti spiazza ti rende più fragile ma devi accettare di essere in quel posto. Spesso durante i viaggi sono teso, incapace di cogliere il presente. Quando riesco a rilassarmi è stupendo».

Che cosa bisogna fare prima di partire?
«Secondo me, bisogna trovare la voglia e il coraggio di partire. Questo si trova se si è innescata una curiosità vera. Partire per moda, ignorando tutto quello che ti aspetta, non è una soluzione. Il viaggio dev’essere motivato e preparato. Io tuttora non riesco a fare valigie intelligenti. Ho girato tutta l’America del Sud e, visto che dovevo andare sul Perito Moreno, mi sono portato dietro per tutto il viaggio un paio di scarponi da montagna che non mi sono mai serviti. A Parigi ho avuto la stupidità di tenere tutti i soldi in un portafoglio che mi hanno rubato. Non si impara mai del tutto. La valigia è il segnale che ti sei preparato cercando di capire dove vai. Fare i bagagli è già un’avventura».

Se fossi un maestro di scuola, che cosa faresti per educare i bambini al viaggio?
«Insegnerei per bene la geografia che invece nelle nostre scuole è insegnata male o addirittura rimossa. La geografia non è banalmente la materia che ti racconta qual è il fiume più lungo d’Italia o la cima più alta. Ma comprende il paesaggio, la storia, il clima, le produzioni agricole, le abitudini alimentari e altro ancora. Aprire una finestra sul mondo suscitando curiosità anche antropologiche nei ragazzini è fondamentale. E aggiungerei la lettura dei grandi romanzi di viaggio che accendono la fantasia».

Quanto è importante viaggiare nella formazione di un insegnante?
«È essenziale. Qualunque insegnante dovrebbe trasmettere una pratica di cui è maestro. Chi insegna recitazione dovrebbe aver fatto l’attore. Chi insegna la letteratura dovrebbe averla amata molto. Preparare i ragazzi al mondo dovrebbe essere fatto da chi lo conosce per esperienza diretta. Il viaggio è tra le esperienze formative fondamentali. Per fortuna, ora alle scuole superiori e all’università è possibile fare esperienza all’estero. Viaggiare aiuta a discernere le notizie dal mondo, a sprovincializzarsi. Come dicevo, è un diritto e un dovere. Oggi siamo di fronte a una moltiplicazione delle opportunità di viaggio, ma spesso di bassa qualità. Vedo gruppi di persone dislocate qua e là come pacchi. Vanno nei luoghi più banali dove le agenzie li deportano, fanno tonnellate di selfie e poi tornano a casa. Il turismo di massa non è la risposta. Ci vorrebbe un turismo di qualità che non vuol dire che debba essere caro, ma magari a basso impatto ambientale, responsabile, informato, attivo».

Come può un insegnante trasmettere alla classe ciò che ha appreso durante un viaggio?
«Basta che porti se stesso. Se si è entusiasmato, i suoi racconti saranno credibili e i bambini si identificheranno e per loro sarà come fare un’esperienza diretta. Far leggere un libro da pagina 2 a pagina 10, invece, serve a poco».

Quali gite d’istruzione consiglieresti in Italia?
«Il nostro Paese è quello con la più alta biodiversità del mondo. In Italia basta fare dieci chilometri e cambia tutto. Con le famose gite scolastiche si può andare ovunque, l’importante è creare occasioni di incontro.
Si può visitare un agriturismo se c’è un allevatore che ti racconta la sua vita. Siamo pieni di monumenti e musei: si può mettere a fuoco un quadro e poi andare a vederlo dal vivo. C’è da combattere la noia, la routine, la mancanza di contatto con la realtà. Da evitare l’effetto mandria. Ha senso portare in gita le scolaresche a gruppi: non serve che tutta la scuola vada in un posto».

Qual è stato il tuo primo viaggio da bambino?
«In prima elementare i miei genitori organizzarono un viaggio in Sicilia durante le vacanze di Natale. Lì mi si
è aperto un mondo: venivo da Mantova, dove c’era freddo, gelo e nebbia, e mi trovavo in un luogo dove splendeva il sole. Sono stato all’orto botanico con mia madre. Ricordo i monumenti che mi hanno fatto scoprire dai Normanni fino agli arabi. In terza elementare andai a Pompei e mi sono messo a piangere dall’emozione. Avevo studiato i romani e ora vedevo Pompei».

L'esperienza più difficile?
«Quella più ambiziosa: il giro del mondo in barca. Non avevamo alcuna pratica, abbiamo acquistato con un mutuo una barca. È stato un viaggio per nulla semplice. La traversata atlantica è stata la prima che facevo: ho dovuto combattere con il mal di mare».