Quante volte ci è capitato di arrabbiarci dopo una partita persa? Tante, anche chi non pratica sport. Sappiamo che perdere non è mai piacevole. Eppure le emozioni sono presenti in ogni istante della nostra vita, in ogni momento di gara, competizione e allenamento. Ma qual è l’importanza che viene data agli aspetti emotivi? Quante scuole, società sportive, contesti educativi parlano di emozioni e movimento? Forse c’è ancora molto da imparare, scoprire i meccanismi che regolano le azioni motorie, la buona riuscita di una competizione e tutto ciò che ruota intorno al movimento come intreccio tra azione e cognizione. Ecco che oltre all’allenamento del corpo, inteso come potenziamento delle prestazioni in ambito sportivo, da qualche anno si parla anche di allenamento della mente o, meglio, di mental training.
PSICOLOGIA DELLO SPORT
Lo studio degli aspetti emotivi, motivazionali, cognitivi, psicofisiologici e sociali dell’attività sportiva è uno dei compiti della psicologia dello sport che negli ultimi anni ha guadagnato un ruolo determinante all’interno di contesti sportivi di alto livello, ma non solo. Oltre all’analisi delle dinamiche individuali, lo psicologo dello sport si occupa anche di conoscere il contesto ambientale, le dinamiche relazionali tra compagni di squadra e il rapporto allenatore-atleta.
Altre volte esplora i processi mentali che sottostanno all’esecuzione di un atto motorio e indaga le tecniche che migliorano la prestazione agonistica; si parla in questo caso di allenamento ideomotorio, quando l’atleta ripete a mente tutti i passaggi del gesto tecnico. Per raggiungere un livello ottimale di benessere psicofisico, legato non solo all’attività sportiva ma in generale alla salute della persona, è necessario parlare di sviluppo motorio nei primi anni di vita. Infatti l’educazione motoria ha un ruolo fondamentale nei neonati perché permette loro di potenziare le competenze e conoscere il mondo circostante.
SCOPRIRE IL MONDO ATTRAVERSO IL CORPO
Alla base della maggior parte dei processi cognitivi e di conoscenza del mondo c’è lo stretto legame tra funzioni cognitive superiori e sistema senso-motorio. Il corpo infatti rappresenta il primo strumento di conoscenza che, attraverso i sensi del bambino, prende forma, colore, odore e a volte anche gusto (basti pensare al semplice gesto di portare alla bocca gli oggetti di un bimbo al nido). Nonostante lo sviluppo delle capacità motorie sia ormai considerato permanente in maniera quantitativa e qualitativa per tutto l’arco della vita, se ne sottolinea l’importanza nei primi sei anni di vita.
Le neuroscienze ci parlano di plasticità cerebrale come capacità del nostro organismo di modificare la propria struttura in funzione agli stimoli provenienti dall’ambiente circostante. Ecco quindi che attraverso il movimento in età evolutiva e lo sport in età adulta, noi conosciamo il mondo, impariamo nuovi concetti, ci mettiamo in gioco, conosciamo persone, visitiamo luoghi, interiorizziamo valori che ci accompagnano per tutta la vita: nel lavoro e nelle relazioni con le persone.
Lo sport ci insegna che a volte si vince, altre si perde, ci spinge a impegnarci se gli obiettivi sono ancora lontani, ad aiutarci tra compagni per raggiungere il traguardo, a rispettare l’avversario, a resistere alle difficoltà e soprattutto ci fa emozionare. Per questo noi adulti, genitori e insegnanti, abbiamo il compito di far fare movimento ai bambini. Fino ai sei anni in forma di gioco, poi, dall’età scolare, come attività sportiva. Così che possano star bene nella mente, nel corpo e con gli altri.