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FocusJunior.itFocus ScuolaLa stanchezza d’insegnare: i problemi di un mestiere usurante

La stanchezza d’insegnare: i problemi di un mestiere usurante

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La stanchezza d’insegnare: i problemi di un mestiere usurante
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Insegnare è un lavoro creativo e rigoroso che richiede molta forza fisica, cognitiva ed emotiva. E con il passare degli anni queste energie possono prosciugarsi.

Aumentano tra i docenti sessantenni i casi di grave stanchezza dovuta all’età, che è cosa molto diversa dal burnout certificato. Sono maestri di scuola primaria che insegnano bene, ma si trovano in classi con bambini di sei anni o, per gli anticipi, di cinque anni.

La differenza di età con i loro alunni è tanta: 50-55 anni. E questo porta a un vero affaticamento. Una situazione simile si verifica anche alla scuola materna, dove le maestre devono gestire bambini anche di tre anni.

QUANDO LA PASSIONE NON BASTA PIÙ...

Quando si insegna si è nel bel mezzo della più grande spinta creativa umana. Da una parte, i bambini sono presi dall’avventura dell’apprendimento e, per la prima volta fuori dalla famiglia, hanno come riferimento una guida adulta che governa processi complessi e che li aiuta a crescere, a capire, ad apprendere i codici del sapere e che li accompagna a cooperare. In questa esperienza i bambini danno e chiedono moltissimo.

Dall’altra parte, ogni alunno, mentre cresce, cerca una sua identità e prova a differenziarsi dagli altri, vivendo paura, sfida da spaesamento, estraneità e anche conflitti tra coetanei e con gli adulti. Se non si insegna, è difficile immaginare l’enormità d’energia che è richiesta dai bambini.

Il docente deve indirizzare tutta la sua forza verso l’esplorazione, la scoperta, il logos e, al tempo stesso, compiere un’opera di contenimento e accompagnamento per aiutare a ricostruire curiosità e apprendimento quando prevalgono conflitto, silenzio o fragilità che vanno ogni volta accolti, ricondotti per mano alla parola per poi ridiventare scoperta, dialogo, motivazione, studio.

Insegnare è un lavoro creativo e rigoroso insieme – e, per questo, meraviglioso – fondato sull’intensità della relazione educativa, sull’inventiva e sulla costruzione didattica, attività che prendono molta forza fisica, cognitiva, emotiva. Ma, con il passare degli anni, proprio queste attitudini rischiano progressivamente di venir meno: le riserve positive si prosciugano e sopraggiunge una grande stanchezza.

UN SISTEMA MIOPE

Quando il sistema scolastico non sa riconoscere questa grande stanchezza, sbaglia.

Così, sbagliano i governi quando promettono di identificare come usurante il lavoro delle maestre della scuola dell’infanzia, ma poi elargiscono misure di pensionamento anticipato molto penalizzanti, o quando non riescono a trovare modi per i quali – come accade in altre nazioni – gli insegnanti molto competenti, ma ormai stanchi, possano fare meno ore con i bambini e dedicarsi a fare da allenatori esperti ai neo-assunti.

Più in generale l’errore è stato quello di non aver curato il ricambio degli insegnanti, tanto da farci diventare il Paese con il corpo docente più vecchio d’Europa, con il 57,2 % di insegnanti con più di 50 anni, a fronte della media europea del 36% e il 18% con oltre 60 anni, il doppio del 9% medio europeo. E, in assenza di una vera politica per il ricambio del corpo docente, anche i dirigenti scolastici non agiscono bene quando, dimenticando di essere a capo di una comunità educante alla quale serve rispetto ed equilibrio, usano il loro potere di assegnazione degli insegnanti per affidare le classi più difficili o con i bimbi più piccoli a maestri sessantenni che, anche se esperti, ammettono un forte affaticamento.

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