Con il termine “intelligenza numerica” indichiamo la capacità di concepire e pensare al mondo in termini di numeri e quantità numeriche (numerosità). Si tratta di una capacità innata nell’uomo, così come quella di percepire i colori.
Alcune ricerche hanno messo in evidenza che siamo in grado di cogliere la numerosità fin da neonati. Il primo contatto tra le capacità numeriche pre-verbali innate e il contesto di appartenenza è rappresentato dall’acquisizione del conteggio, un’abilità complessa e impegnativa che il bambino apprende tra i 2 e i 5 anni di età.
Il saper contare costituisce a sua volta una base importante per l’apprendimento dell’aritmetica: quando un bambino conta gli elementi che risultano dalla combinazione di due insiemi, sta di fatto compiendo un’addizione.
NUMERI CHE NON TORNANO...
Se dunque nasciamo forniti di meccanismi che ci predispongono a percepire la numerosità fin dai primi istanti di vita, come mai a scuola così tanti bambini sono in difficoltà nell’apprendimento del calcolo?
In Italia gli insegnanti riportano che il 20% degli alunni incontra gravi difficoltà in matematica.
Un dato in netto contrasto con quanto indicato dall’International Accademy for Research on Learning Disabilities, secondo cui solo il 2,5% della popolazione dovrebbe manifestare serie difficoltà in ambito matematico, e una percentuale ancora più ridotta dovrebbe manifestare un quadro di discalculia.
"DIFFICOLTÀ" NON SONO "DISTURBI"
Come si conciliano queste due diverse informazioni? Innanzitutto va considerato che spesso in Italia le parole “difficoltà” e “disturbo” vengono utilizzate indistintamente. Eppure ognuna di esse si riferisce a situazioni molto diverse e con prognosi assai differenti.
Le difficoltà di apprendimento si riferiscono a quelle situazioni in cui uno studente, nel corso della propria carriera scolastica, incontra degli ostacoli. Queste situazioni sono a evoluzione positiva: una maggiore applicazione allo studio o percorsi di insegnamento individualizzati permettono una positiva risoluzione delle criticità iniziali.
Quando invece ci troviamo di fronte a disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa) facciamo riferimento
a problematiche più gravi, che non sono conseguenza di un handicap, né sono imputabili a fattori esterni
quali differenze culturali, insegnamento inappropriato o insufficiente, ma dipendono dalle basi neuropsicologiche dell’apprendimento stesso.
In questi casi sappiamo che le abilità potranno migliorare leggermente, ma mai del tutto. Per fortuna
la discalculia è un disturbo con una frequenza di comparsa rara, che costituisce una minima parte di quel 20% di bambini che già a 8 anni è segnalato dalla scuola per significative difficoltà nell’apprendimento della matematica.
MA ALLORA DOV'È L'ORIGINE DEL PROBLEMA?
Se è vero che la cognizione numerica si sviluppa precocemente e in modo innato, è altrettanto vero
che perché evolva al meglio delle sue possibilità è necessario, come per lo sviluppo di ogni altro dominio cognitivo basale (il linguaggio, le abilità motorie, le abilità sociali ecc.), che il sistema educativo accompagni e potenzi le funzioni neuropsicologiche universali che ne stanno a fondamento.
Tuttavia il nostro sistema educativo, oltre a porre attenzione tardi allo sviluppo della cognizione numerica, conosce ancora poco dei suoi meccanismi, e soprattutto non conosce le modalità necessarie a potenziarne l’intelligere, scambiandolo per l’addestramento alla prestazione scritta. L’intelligenza numerica è analogica, strategica, composizionale, evolve soprattutto nel calcolo a mente, e ha poco a che fare con gli algoritmi procedurali messi in memoria necessari al calcolo scritto.