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FocusJunior.itFocus ScuolaIgor Trocchia, il mister anti-razzismo: “Il mio calcio un motore d’integrazione e di crescita”

Igor Trocchia, il mister anti-razzismo: “Il mio calcio un motore d’integrazione e di crescita”

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L'anno scorso ritirò la propria squadra dal torneo in seguito agli insulti razzisti ricevuti da un suo giocatore. Oggi mister Igor Trocchia allena la Nazionale Italiana Sordomuti e continua ad insegnare calcio privilegiando sopra ogni cosa la crescita dei ragazzi.

È stato premiato dal Presidente Mattarella lo scorso marzo al Quirinale, e insignito della nomina di Cavaliere dell’Ordine la Merito della Repubblica Italiana “per il suo esempio e la sua determinazione nel rifiuto e contrasto a manifestazioni di carattere razzista”. É Igor Trocchia allenatore bergamasco di calcio giovanile nel Pontisola. Seguendo i consigli di questo Mister non si impara soltanto a tenere la palla in campo ma a diventare uomini e a crescere combattendo i pregiudizi.

UN BRUTTO EPISODIO 

Il primo maggio del 2018, durante un torneo giovanile a Rozzano in provincia di Milano, Igor Trocchia allenatore degli esordienti del Pontisola (squadra della provincia di Bergamo), alla fine della semifinale vinta dai suoi ragazzi, nota che il suo centrocampista, un tredicenne di cittadinanza italiana con genitori del Burkina Faso, rifiuta di dare la mano all’avversario e negli spogliatoi chiede spiegazioni. Tutti i compagni raccontano che il ragazzo ha ricevuto insulti razzisti dagli avversari e insieme decidono, seppur appena entrati di diritto in semifinale, di ritirare l’intera squadra dal torneo lasciando tutti a bocca aperta.

“Nessuna coppa e nessun torneo valgono la dignità di un ragazzino”, ha commentato Trocchia dopo aver ricevuto l’onorificenza dal Presidente della Repubblica e oggi motiva e allena i ragazzi della Nazionale Italiana Sordomuti, appena qualificatasi per i prossimi mondiali in Corea.

L'INTERVISTA

Qual è il tuo metodo di allenamento? Quali sono i suoi risvolti pedagogici?
«Il mio metodo è partecipativo e mette al centro la crescita del bambino/ragazzo. Io pongo domande e loro danno delle risposte per trovare soluzioni. Questo avviene anche in campo, dove lascio spazio all’errore.
Dopo la gara, ognuno di loro fa un’ autovalutazione della propria prova in partita, aiutato dalle mie domande specifiche e tenendo conto dei 4 fattori della prestazione, tecnico, tattico, condizionale ed emotivo.
Questo permette al ragazzo, di individuare i punti da migliorare e quelli di forza da consolidare, togliendo in tal modo la cultura dell’alibi e avendo il coraggio di ammettere i propri errori. Così facendo comincia il processo di consapevolezza che lo porterà a migliorarsi piano piano anche nella vita».

Cosa pensi dell'agonismo in età precoce e che effetto ha sui ragazzi?
«Uno dei più grandi errori che un allenatore può fare allenando nell’attività di base, è proporre un esercizio che va al di là delle capacità del bambino, il quale si convince della sua incapacità abbassando inevitabilmente la stima di sé. La stessa cosa avviene proponendo al bambino il calcio come un sport agonistico. Questa cosa crea stress, il bambino non ha ancora le capacità emotive per saper affrontare l’ansia da prestazione, che diventa quindi disfunzionale. Succede che, dopo qualche anno, i bambini, che nel frattempo sono diventati ragazzi, sono saturi di agonismo e abbandonano».

Come è cambiato il tuo approccio al calcio passando da giocatore ad allenatore?
«Il mio approccio al calcio, da allenatore dei bambini, è cambiato radicalmente. Mi sono reso conto da subito che la mia figura era importantissima e di riferimento per loro, glielo leggevo nei loro sguardi, attenti e entusiasti.
Da giocatore usavo il calcio per divertirmi e avere amici, da istruttore è stato tutto diverso. Educare allo sport non è solo migliorare le gestualità, ma soprattutto saper stare in un gruppo di persone, che è uno dei bisogni intrinsechi dell’uomo.Il rispetto, l’amicizia, l’ accettazione della diversità, il rifiuto del bullismo in tutte le sue forme, sono i principi di base del mio allenare».

Come hanno reagito i tuoi ragazzi quando hai deciso di ritirare la squadra dal torneo?
«Quando ho proposto loro di abbandonare il torneo temevo che, siccome avremmo dovuto disputare la semifinale da lì a poco, qualcuno avrebbe preferito fermarsi e giocare lo stesso. Ma come spesso è accaduto , mi hanno sorpreso per la loro sensibilità e il loro spirito di squadra volendo stringersi attorno al compagno e mostrando solidarietà, amicizia e educazione».

Il calcio può essere un motore di integrazione?
«Il calcio, come credo qualsiasi sport, può sicuramente essere un motore di integrazione.
In campo si trovano intese che non sono spiegabili, a volte succede che senza nemmeno conoscersi, al primo allenamento e solo passandosi la palla, nascano amicizie da contatti visivi. Intese che si trasferiscono inevitabilmente fuori dal campo e che diventano amicizie e poco importa di che colore tu abbia la pelle e da dove provieni, c’è da imparare dai bimbi in questo».

In cosa varia il tuo metodo di allenamento con ragazzi con bisogni speciali, come quelli della nazionale sordomuti che alleni adesso?
«Non ho cambiato di una virgola il mio modo di allenare. Credo che la prima dote di un allenatore sia essere se stesso. Chiaramente le difficoltà di comunicazioni sono evidenti, ma è anche vero che non ho mai visto sguardi così attenti. La Federazione sordi mi ha fatto un grosso regalo dandomi la possibilità di allenare la nazionale, soprattutto perché secondo me questi ragazzi hanno bisogno di qualcuno li capisca e sia altamente sensibile per la loro menomazione. Sensibilità e accettazione del prossimo, il mio modo di vedere la vita, che per me è il calcio».

Focus Scuola è il nuovo mensile per gli insegnanti del Gruppo Mondadori, un magazine rivolto a tutti i docenti delle scuole primarie e secondarie di primo grado, per aiutarli ad affrontare le nuove sfide dell’insegnamento nell’era digitale. La rivista propone approfondimenti sugli ultimi studi scientifici e pedagogici, ma anche idee di buone pratiche sperimentate in Italia e nel resto del mondo dai singoli insegnanti e fornisce spunti su didattiche innovative e sull’uso della tecnologia in classe

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