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Esclusione scolastica precoce: come combatterla?

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Esclusione scolastica precoce: come combatterla?
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La scuola deve allearsi con tutte le forze del quartiere: privato sociale, volontariato, luoghi dello sport, parrocchie, per agire insieme. Solo così può aiutare i bambini a superare i condizionamenti sociali

In tanti territori d’Italia i bambini vivono in condizione di minorità a causa di povertà materiali e culturali. Vi sono quattro possibili livelli di esclusione precoce che molte scuole devono affrontare ogni giorno.

LIVELLI D'ESCLUSIONE: CONOSCERLI PER CONTRASTARLI

Il primo livello è connesso alla condizione socio- esistenziale in cui vivono molti minori: contesti di povertà in cui prevalgono i redditi bassi, il lavoro precario, la disoccupazione. In questi ambienti c’è una prevalenza
di genitori con basso livello di istruzione (spesso mamme giovanissime e sole). In poche parole, il concentrato di quasi tutti gli indicatori dell’esclusione sociale. La scuola in questi casi è inevitabilmente parte della “coda bassa” del sistema d’istruzione perché i fattori a monte ne condizionano le potenzialità costringendola a una continua, faticosissima rincorsa compensativa. Dunque, ha bisogno di risorse in più per poter dare di più. Una parte dei fondi europei dei quali si parla deve avere questa finalità.

Il secondo livello è anch’esso tipico delle aree fragili che, oltre agli indicatori sopraindicati, conosce un ritardo nello sviluppo locale sostenibile e nella cura ambientale, evidenziato da segnalatori-chiave quali la mancata buona gestione del ciclo dei rifiuti, la bassa qualità dell’edilizia scolastica, la non connettività per il sistema Ict (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione), la mancanza di spazi verdi e attrezzati, eccetera. Anche su questo ci si attende un investimento coerente con le linee guida europee.

Il terzo livello riguarda la forte presenza, in molti dei contesti sopraelencati, della criminalità organizzata. È un condizionamento negativo potentissimo per la crescita dei bambini che riguarda aree del Mezzogiorno, ma anche del Centro (Roma e Lazio in particolare) e del Nord. Qui sui ragazzi pesa la logica della minaccia, della regolazione violenta e della sudditanza. Si cresce in prossimità di relazioni, parole, gesti contaminati dai codici malavitosi. La scuola in queste aree va sostenuta perché è il primo presidio contro le mafie.

Vi è, poi, un quarto livello di condizionamento, decisivo. Sei un bambino e da quando sei nato vivi in una famiglia multi-problematica, spesso “ai margini dei margini” del quartiere. Hai accanto e come modello persone adulte fragili, supine o silenti di fronte al degrado e incapaci di pensarsi entro una narrazione di riscatto e/o già dentro la larga cerchia del malaffare e comunque nell’impossibilità di contenerti, guidarti, indicarti una via di uscita e tenerti dalla parte giusta grazie a un “presidio del limite” assicurato con un minimo di costanza. In questi casi i livelli di rischio per un bambino sono elevatissimi. Tutto ciò è inaccettabile, eppure è parte di tante realtà nelle quali siamo chiamati a insegnare.

È importante, per poter rispondere a questa realtà dell’esclusione precoce – che è complessa e “multi-strato” – saper distinguere da contesto a contesto, da caso a caso, senza generalizzare, con prudenza. In tanti luoghi d’Italia la scuola ha imparato che non può farcela da sola se vuole proporre a ogni bambino una via d’uscita, un sentiero di speranza. Deve co-costruire alleanze con tutte le forze sane del quartiere: privato sociale, volontariato, luoghi dello sport, parrocchie, per agire insieme. Solo così può aiutare ogni bimbo a superare i condizionamenti sociali e culturali che gli pesano addosso. Solo così può anche tessere con pazienza l’alleanza con le famiglie per pensare a un riscatto. È per questo che le comunità educanti sono la leva che può dare nuova fiducia al nostro impegno a scuola.