Un bambino di una scuola primaria della Toscana, qualche mese fa, mentre si agitava ha dato una testata all’insegnante. Un gesto di violenza che non è passato inosservato.
Naturalmente dalla cronaca si sa poco di quell’alunno, delle sue eventuali difficoltà, ma subito abbiamo scoperto di avere un pedagogista al governo, che dal suo profilo Twitter ha cinguettato:
“Noi riporteremo l’Educazione Civica nelle scuole, ma certi “genitori” che cosa insegnano ai loro figli??? Qualche NO e qualche ceffone ogni tanto farebbero bene”.
Si tratta del ministro dell’Interno Matteo Salvini. Un intervento a gamba tesa in una situazione delicata che ci ricorda quanto possano essere improprie le parole della politica in contesti come quelli particolari di un’aula scolastica. C’è da chiedersi se il leader della Lega conoscesse così bene la situazione di questo bambino o se quelle quattro parole su Twitter servissero molto più alla propaganda.
È accaduto di nuovo qualche giorno dopo, quando di fronte alla cronaca di una maestra che per aver rimproverato una mamma arrivata in ritardo a prendere il figlio a scuola è stata presa a sputi, Salvini non ha mancato di scrivere, questa volta su Facebook:
“Povero bimbo, chissà come crescerà con una “mamma” cretina come questa a casa...”.
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VIOLENZA, UNA STRADA SENZA USCITA
Resta una questione aperta: il ceffone. Anche in questo caso i genitori si dividono in due fazioni. I fanatici della vecchia maniera, quelli che vorrebbero che i maestri potessero ancora metter gli alunni dietro la lavagna o intervenire con le maniere forti quando è necessario. E gli iperprotettivi, coloro che stanno ben attenti a che il docente non sfiori neppure un capello al proprio figlio, sempre pronti alla denuncia.
Credo che tutti noi ricordiamo la precisione con la quale la ciabatta di nostra madre era in grado di beccarci seppur a distanza di qualche metro, o il palmo della mano di papà stampato sulla nostra guancia. Può accadere a un genitore. Non dovrebbe mai accadere a un insegnante. In ogni caso è il punto di non ritorno, è il segno del fallimento di ogni possibile mediazione, di ogni tentativo di comprensione, di dialogo.
Il ceffone in sé altro non è che la manifesta resa dell’adulto, che non avendo più strumenti usa la forza, la violenza.
LA CITAZIONE D'AUTORE
Vengono in mente le parole di Janusz Korczak in Il diritto del bambino al rispetto. Il noto medico, poeta, narratore, morto nel campo di sterminio di Treblinka dopo aver fondato la "Casa degli orfani" nel ghetto di Varsavia, scriveva:
“Un bambino è un essere dotato di intelligenza, conosce bene le necessità, le difficoltà e gli ostacoli della sua vita. Non servono la dispotica imposizione, il rigore intimato, ma un’intesa piena di fiducia, un’iniziazione all’esperienza, collaborazione e coabitazione [...]. Un bambino ha un futuro ma ha anche un passato. Non diversamente da noi ricorda e dimentica, stima e non rispetta, ragiona logicamente e si smarrisce quando non sa. Un bambino è come uno straniero, non conosce la lingua, non conosce la direzione delle vie, non conosce gli usi e i costumi. Dobbiamo rispetto alla sua ignoranza, alle sue sconfitte, alle sue lacrime”.