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Educazione ai media: riconoscere le fake news (teoria)

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Educazione ai media: riconoscere le fake news (teoria)
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La disinformazione viaggia veloce sui social e nelle maglie della Rete, anche attraverso le nuove tecnologie dell’intelligenza artificiale. Come insegnare il senso critico a scuola?

  • Educazione ai media: un impegno necessario
  • Emergenza infodemia
  • Pensiero critico: un vaccino contro l'infodemia?
  • Differenza tra scienza e pseudoscienza
  • Coinvolgere i genitori
  • A caccia di bias e autoinganni
  • Polarizzazioni e "camere dell'eco"
  • Imparare a discutere
  • Deep Fake: una nuova fonte di disinformazione

EDUCAZIONE AI MEDIA: UN IMPEGNO NECESSARIO

«Maestro, è vero che ci vogliono far credere che il vaccino contro il coronavirus sia importante, mentre lo useranno per installarci dentro un microchip e controllarci? Io ho paura! Mio padre dice che lo ha sentito in tv!».

«Prof, io ho sentito che il 5G fa malissimo e ora sono preoccupato perché nel mio comune hanno già detto che ci saranno le antenne. Ho sentito che ci ammaleremo tutti!».

«Io non mi preoccupo né dell’influenza né del Covid, perché ho fatto il vaccino omeopatico e so che posso stare tranquillo».

Non è difficile che a scuola, come negli altri spazi di vita, si sentano affermazioni di questo genere e che ragazze e ragazzi le riportino chiedendo spiegazioni agli insegnanti. La prima tentazione sarebbe quella di liquidare il discorso con una scrollata di spalle parlando delle consuete bufale e fake news. Ma sarebbe una scelta davvero giusta e opportuna? Chiudere sbrigativamente l’argomento non offre agli studenti strumenti per evitare di incorrere nuovamente negli stessi errori e forse si può approfittarne per trasformare l’incontro con una bufala in un’occasione formativa importante, che possa portare allo sviluppo di utili competenze trasversali.

EMERGENZA INFODEMIA

La pandemia dovuta al nuovo coronavirus è caratterizzata anche dal proliferare di una serie di false notizie, di affermazioni sensazionalistiche e non verificate, di dicerie di segno opposto che rimbalzano ossessivamente tra i media, generando un rumore di fondo nel quale è davvero complesso riuscire a distinguere il vero dal falso.

Fonti considerate anche autorevoli (medici e non meglio precisati scienziati in camice bianco e con atteggiamento rassicurante) si sono talvolta lasciati andare ad affermazioni contrarie al parere della comunità scientifica, non di rado addirittura azzuffandosi sui social network o in diretta tv. Difficile, in questo contesto, riuscire a capire a chi credere. Se è così per gli adulti, questa incertezza può risultare ancor più disorientante per bambini e ragazzi, che sembrano perdere quelli che consideravano chiari punti di riferimento. Il meccanismo descritto è stato chiamato con il nome di “infodemia”, che fa riferimento proprio alla tendenza epidemica alla circolazione di informazioni che, invece che portare chiarezza, aggiungono confusione e panico. L’emergenza legata all’infodemia può aggravare sensibilmente una situazione già problematica, rendendo molto più complicato prendere decisioni razionali proprio perché manca una buona informazione su cui basarsi.

Ma se i meccanismi delle infodemie sono stati già ben descritti nel passato (ne parla, per esempio, Alessandro Manzoni nei Promessi sposi), hanno gioco facile al giorno d’oggi, in quella che è stata definita “epoca della post-verità”. Con questa colorita espressione (che nel 2016 è stata addirittura eletta parola dell’anno dall’Oxford English Dictionary) si indica la particolare circostanza, tipica dell’epoca nella quale stiamo vivendo, per cui accade che i fatti vengano ritenuti meno importanti dei richiami all’emotività e del sensazionalismo che viaggia facilmente attraverso i nuovi media.

PENSIERO CRITICO: UN VACCINO CONTRO L'INFODEMIA?

Insegnare a sviluppare il pensiero critico e la capacità di distinguere la realtà dalle bufale è una competenza importantissima alla quale la scuola dell’obbligo deve riconoscere il giusto spazio. Si tratta, anzi, di uno strumento fondamentale della cassetta degli attrezzi per una cittadinanza consapevole, che è uno degli obiettivi di base dell’istruzione scolastica.

Un’esperienza molto interessante è quella di un Paese come la Finlandia, nel cui curricolo scolastico è stato stabilmente introdotto, fin dalla scuola primaria, l’insegnamento del pensiero critico e la valutazione delle informazioni, come abilità trasversale di base su cui la scuola deve lavorare. I bambini imparano a valutare una fonte, a stabilirne l’attendibilità e a formarsi un giudizio autonomo sui fatti di cui vengono a conoscenza, declinando i diversi aspetti nelle varie discipline di studio, da quelle umanistiche a quelle scientifiche, senza escludere quelle artistiche, muovendosi tra analisi dei dati e studio di immagini.

Si tratta di attività che non richiedono altro investimento economico se non quello, fondamentale, della formazione degli insegnanti e che si potrebbero vantaggiosamente importare nella nostra realtà scolastica. In breve, si tratterebbe di un vero e proprio “vaccino” contro bufale e infodemie.

DIFFERENZA TRA SCIENZA E PSEUDOSCIENZA

Un pericolo da non sottovalutare è quello che gli insegnanti diventino, pur animati dalle migliori intenzioni, essi stessi veicolo di bufale per i loro studenti. Il problema della demarcazione tra scienza e pseudoscienza è una questione complessa che ha impegnato epistemologi e filosofi della scienza e che si può riassumere nella considerazione che non è sempre facile o pacifico distinguere un’affermazione scientifica dalle fake news. E se per un insegnante è piuttosto improbabile lasciarsi trarre in inganno da una bufala conclamata, potrebbe non valere altrettanto per altre affermazioni pseudoscientifiche.

Proprio per sua natura la pseudoscienza imita, spesso in modo estremamente credibile, linguaggio e moduli espressivi tipici della scienza.

La base è, quindi, il rinforzo del metodo scientifico e di quelli che si possono definire i fondamenti della scienza:

  • la riproducibilità dei dati
  • la pubblicazione su canali ufficiali come le riviste scientifiche e la cosiddetta “revisione tra pari” (peer- review), attraverso la quale il lavoro di ogni ricercatore viene sottoposto alla valutazione della comunità scientifica.

Al contrario, la pseudoscienza si muove spesso su canali non ufficiali che si sottraggono al controllo della comunità scientifica, creando il mito dello scienziato filantropo ma perseguitato dalla scienza ufficiale, che svela cose “che nessuno vuole che si sappiano”. Si tratta di un’immagine che può avere grande presa su bambini e ragazzi perché fa leva sul bisogno, spesso avvertito profondamente, di distinguersi dagli altri, di sentirsi speciali, ma non è escluso che eserciti un certo fascino anche sugli adulti, insegnanti e genitori compresi.

COINVOLGERE I GENITORI

Con questi ultimi è sempre importante costruire un’alleanza educativa. Prima di iniziare un percorso di approfondimento su bufale e fake news nella nostra classe, è importante coinvolgere i genitori, illustrare loro gli obiettivi del percorso e chiederne la collaborazione partendo dalle azioni che ogni giorno si compiono spesso con leggerezza e che possono mandare messaggi sbagliati.

Quando si riceve un audio allarmante su WhatsApp si può, per esempio, cogliere l’occasione di spiegare a bambine e bambini che non è bene inoltrarlo acriticamente, ma è importante verificarne il contenuto su fonti affidabili.

Sentire i genitori sensibili al tema della corretta informazione contribuirà a incoraggiare l’impegno delle ragazze e dei ragazzi anche nelle attività svolte in classe.

A CACCIA DI BIAS E AUTOINGANNI

Come ci insegna la teoria dell’evoluzione e come spiega molto efficacemente il premio Nobel per l’economia Daniel Kahneman nel suo celebre libro Pensieri lenti e veloci (Mondadori), la nostra mente non si serve solo di valutazioni lente e ponderate, ma anche di numerose scorciatoie e automatismi, che ci permettono di reagire in modo pronto ed efficace nelle circostanze in cui sia necessario farlo. Ma le nostre veloci intuizioni ci rendono spesso vittima di autoinganni, che, pur agendo in modo potente, spesso passano inosservati e ci danno l’illusione di essere stati obiettivi.

Rendere i nostri alunni consapevoli di come agiscono i tanti possibili autoinganni del pensiero può essere un’attività estremamente stimolante e formativa. Nelle schede di laboratorio si propone proprio una specifica attività, facilmente strutturabile in classe, che prende spunto da una fallacia logica tra le più comuni: quella che riguarda la creazione di nessi causali illusori, che è anche alla base del pensiero complottista, una tendenza naturale dell’essere umano che trova un’ottima cassa di risonanza nei nuovi media.

Per approfondire il discorso:

  • Pensieri lenti e veloci ; Daniel Kahnemann (Mondadori)
  • Trappole mentali; Matteo Motterlini (Rizzoli)

POLARIZZAZIONI E "CAMERE DELL'ECO"

Sarà anche molto interessante proporre agli studenti una riflessione sulle dinamiche della diffusione delle
bufale attraverso il web, che segue un meccanismo che recenti studi (per esempio, quelli diretti da Walter Quattrociocchi dell’università Ca’ Foscari di Venezia) hanno messo in evidenza.

Si tratta del fenomeno per cui determinati contenuti, bufale comprese, tendono a diffondersi, nei social network, tra persone con idee e modi di vedere molto simili, che si chiudono in vere e proprie “bolle” in cui ci si rafforza reciprocamente nelle stesse idee. L’immagine di queste “bolle” nei grafici disegnati dai ricercatori, molto semplici da reperire attraverso una ricerca in Rete, potrà essere un importante spunto di riflessione per comprendere come non uscire mai dalla propria camera dell’eco in cui tutti hanno idee molto simili) possa indurci a credere con forza crescente anche ad affermazioni infondate che gli altri condividono.

Il risultato è una forte polarizzazione in posizioni contrapposte tra le quali è molto difficile stabilire un confronto sereno.

IMPARARE A DISCUTERE

Ma come riuscire a evitare questa polarizzazione e impostare un dibattito proficuo? Tra i metodi più efficaci c’è quello dell’educazione al dibattito, che si è recentemente diffusa attraverso progetti come “Palestra di botta e risposta” (per ora riservato alle scuole superiori, anche se il metodo può essere adattato alle esigenze delle scuole medie) in cui gli studenti imparano a sostenere le proprie idee senza indulgere in polemiche sterili e rimanendo aperti nei riguardi delle osservazioni altrui.

Può anche essere molto utile insegnare strategie per accorciare le distanze rispetto agli altri dimostrando disponibilità al dialogo e senza alimentare il conflitto. Importante anche ricordare che, come evidenziano gli studi scientifici, tutti abbiamo angoli di irrazionalità, quindi, come sottolineano Silvia Bencivelli, giornalista scientifica autrice del libro Sospettosi (Einaudi), e lo psicologo Rob Brotherton, autore di Menti sospettose (Bollati Boringhieri), non è giusto immaginarsi come detentori della verità o pensare che la tendenza al complottismo sia solo frutto di stupidità o ignoranza. Anche in questo l'educazione ai media può aiutare ad un cambio di prospettive.

DEEP FAKE: UNA NUOVA FONTE DI DISINFORMAZIONE

Nella realtà che stiamo vivendo è importante spiegare ai ragazzi come le stesse immagini non possano essere considerate un documento oggettivo e inoppugnabile.

Si può partire mostrando loro uno dei tanti esempi di immagine abilmente contraffatta tramite programmi di fotoritocco (Photoshop o simili) o tagli strategici dell’inquadratura, facendoli riflettere su come l’interpretazione di un episodio possa cambiare in rapporto all’alterazione della foto. Poi si può proseguire parlando ai ragazzi del cosiddetto deep fake, ovvero la creazione di immagini e video estremamente realistici da parte di programmi di intelligenza artificiale, che possono essere usati per attribuire a persone realmente esistenti azioni che non hanno mai commesso o discorsi che non hanno mai fatto.

Oggi alcune app per realizzare deep fake piuttosto credibili sono accessibili e utilizzabili anche dai ragazzi, quindi è fondamentale farli riflettere sulle conseguenze che questa manipolazione della realtà può creare, per esempio facendo riferimento ai tanti episodi di cronaca che hanno coinvolto l’uso illecito di queste tecnologie. In ogni caso, sarà importante applicare anche alle notizie corredate da “prove video” le regole della verifica dei fatti proprio perché, in epoca di deep fake e raffinata alterazione delle immagini, anche un video non può essere considerato un elemento definitivo di giudizio.

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