La musica classica è alla base della nostra cultura. Ma oggigiorno, oltre alle sale da concerto frequentate da un pubblico di nicchia, la si ascolta quasi unicamente nelle colonne sonore di pubblicità e film. Spesso è considerata noiosa: l’assenza di parole la rende difficile da comprendere e memorizzare; i brani, piuttosto lunghi, richiedono una concentrazione a cui quasi nessuno è più abituato.
Ma se non vogliamo che Mozart rimanga solo un sottofondo musicale, dobbiamo lavorare per educare all’ascolto le giovani generazioni. Perché la musica classica ha ancora tante emozioni da regalarci. Abbiamo chiesto a Federico Ferrari, maestro di pianoforte del Centro Musicale Suzuki di Milano, qualche consiglio per avvicinare gli alunni al grande repertorio senza averne soggezione.
PICCOLE DOSI PER ABITUARE I RAGAZZI AL BELLO
«Prima di tutto consiglio di proporre piccole parti. Ricordo ancora quando il professore ci fece sentire in classe Le quattro stagioni di Vivaldi. Troppo. Meglio far ascoltare cinque minuti di ogni stagione senza rivelare di quale si tratta e poi chiedere agli studenti: “Secondo voi, questa è la primavera o l’inverno?”. Così si crea un’interazione, un interesse».
Poi è importante renderli consapevoli di quello che stanno ascoltando. Un modo può essere quello di individuare il tema principale del brano, cioè quella melodia che torna più volte (il ritornello). Per questo esercizio prendete il primo movimento “allegro” del concerto K 467 per pianoforte e orchestra di Mozart. Il tema qui è davvero allegro e veloce. Ascoltatelo un paio di volte e poi invitate tutti a cantarlo: «Do, sol, do, mi, fa...» porterà il buonumore in classe. Confrontatelo con il secondo movimento dello stesso concerto, “andante”. Che differenza c’è? Quale sarà qui il tema?
Un’altra attività per educare le orecchie dei piccoli alunni è cercare di cogliere la differenza tra gli strumenti. «Sempre di Mozart proponete tre brani: un pezzo di un concerto per pianoforte e orchestra, uno per violino e orchestra e quello per oboe e orchestra. Come dialogano i tre strumenti con l’orchestra? Quale dei tre preferite?». Interessante anche lavorare sulle emozioni.
«Per esempio, fate ascoltare l’Appassionata di Beethoven: inizia piano, poi parte con accordi fortissimi, nel giro di poche battute cambia l’intensità. Secondo voi, che cosa vuole trasmettere questa musica? Poi passate a un altro pezzo dello stesso autore, per esempio la sinfonia numero 7. Che cosa vi fa venire in mente questa musica?».
E non dimenticate le curiosità che ci sono dietro ai pezzi: «Queste musiche raccontano qualcosa senza usare le parole. Per esempio: l’ultimo movimento della sonata numero 2 per pianoforte di Chopin, è composto da note suonate molto veloci, questo per dare l’impressione del vento sulle tombe. Si tratta, infatti, di una marcia funebre.
Schumann nel Carnaval usa la musica per ritrarre vari personaggi, tra cui alcune maschere, come il Pierrot o Pantalone e Colombina. Si può anche associare la musica e l’arte. «Per esempio, Debussy, che era contemporaneo agli impressionisti, mischia le note esattamente come i suoi amici pittori mischiavano le pennellate. Potreste far ascoltare alcuni suoi pezzi e poi chiedere agli alunni di dipingere su un foglio quello che questa musica ispira visivamente».
Accompagnate questo lavoro con qualche nota biografica sui grandi compositori. Non erano affatto dei noiosoni, ma spesso giovani artisti, con il piglio delle rockstar. I vostri alunni non ci credono? Organizzate la visione in classe del film Amadeus di Miloš Forman. Si innamoreranno di Mozart.