Cosa significa essere insegnanti al tempo dell'epidemia? Come si vince lo spaesamento di trovarsi di fronte ad un modo di comunicare del tutto diverso e mai provato prima? Lo abbiamo chiesto ai diretti interessati, i quali hanno cominciato a raccontarci le loro giornate davanti ad uno schermo, un po' impauriti, un po' emozionati, ma con la voglia di continuare a restare sempre in contatto con i loro ragazzi.
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STORIE DALLA QUARANTENA
Durante le prime due settimane di sospensione delle attività didattiche in presenza, inconsapevole ancora della reale situazione , ho assegnato alcuni esercizi di ripasso attraverso l’utilizzo del registro elettronico “Spiaggiari” ed effettuato il controllo dei compiti assegnati e delle interrogazioni sugli argomenti studiati attraverso collegamenti Skype.
Con il passare dei giorni e con il rendermi conto dell’inedito e sconvolgente scenario in cui , non solo l ‘Italia, ma tutto il mondo si trova a vivere mi sono resa conto che un programma contenitivo non era sufficiente a compensare e sostituire la lezione frontale . Da qui l’esigenza di creare un qualcosa che mettesse il mio alunno in condizione di poter continuare ad avere, non solo tutti gli strumenti e tutti i mezzi utilizzati a scuola, ma soprattutto la sicurezza emotiva e psicologica costruita fino ora. L’obiettivo è stato quello di costruire una classe a distanza in cui si continuasse a privilegiare la relazione didattica e soprattutto psicopedagogica. Una classe che portasse avanti il progetto d’inclusione, fondamentale per bambini in difficoltà, oltre al raggiungimento degli obiettivi didattici stabiliti nel PEI. Ma cosa fare per rendere concreto tutto questo? Innanzitutto partire dalla calendarizzazione della settimana, attraverso la scansione oraria di una routine scolastica che ricordasse, quanto più possibile, quella vissuta fino a quel momento. Una routine fatta di lezioni frontali online, di pause e ricreazioni , di spazi virtuali per lo svolgimento di compiti assegnati e di condivisione di momenti . Ogni bambino, e in particolare un bambino con una certificazione 104, necessita ora più che mai di continuità, sicurezza e certezza che “tutto andrà bene”. Attraverso l’utilizzo delle piattaforme digitali indicate dal dirigente scolastico, ho creato per l’ alunno una vera e propria “ scuola digitale”. I canali informatici principalmente utilizzati sono stati “ Google classroom” , Meet e Liveboard ( lavagna interattiva). Google classroom è servito per la creazione di apposite“ stanze”, utilizzate come “luogo di scambio sociale” e come mezzo per la trasmissione dei compiti. Grazie alle mie colleghe di team è stata creata una stanza della “ricreazione” . Inoltre ho utilizzato la piattaforma Meet, come mezzo di comunicazione per trasmettere contenuti didattici e per chiarire ogni dubbio o incertezza su quanto spiegato. In supporto a Meet ho pensato di utilizzare” liveboard”, una lavagna interattiva che permette in tempo reale di condividere con l’ utente connesso gli argomenti trattati. Questa combinazione di piatteforme e l’ associazione delle loro funzioni mi hanno consentito di portare avanti gli obiettivi prefissati avvalendomi dei medesimi canali sensoriali utilizzati dal bambino a scuola. La routine giornaliera che, di conseguenza ne è nata, ha visto la suddivisione del lavoro in due blocchi operativi. Il primo, collocato dalle 8.30 alle 12.30, con video lezione di italiano o matematica con me docente. Dalle 10.30 alle 11 è stato creato un momento di pausa e ricreazione. A. può entrare, attraverso Google classroom, nella stanza della ricreazione per giocare e chiacchierare con i compagni. Alle 11.00 l’alunno riprende la lezione con l’educatrice laura , che, attraverso un progetto educativo di inglese , scienze e utilizzo dell’euro, lavora con A. fino alle 12.30.
Il secondo blocco è previsto dalle 12.30 alle 14.30 con pausa pranzo e momento ricreativo. La ripresa delle lezione è prevista alle 14.30 per lo svolgimento in autonomia dei compiti assegnati . Il bambino ,senza bisogno di alcun collegamento , eseguirà gli esercizi assegnati. Infine, dalle 15.30 alle 16.30, video lezione di storia, geografia e scienze con le colleghe di team che lavorano con il resto della class.
Mai come in questo momento senza precedenti per il mondo scolastico, noi docenti abbiamo la responsabilità di usare le nostre competenze didattiche ,pur servendoci di nuovi mezzi di comunicazione ,per garantire ai nostri bambini la “routine scolastica “ . Una” routine scolastica” indispensabile , non solo per l’acquisizione di nuovi contenuti didattici ma soprattutto per continuare ad esser per loro dei punti di riferimento ma , soprattutto, di certezze. Una “didattica a distanza” non potrà sostituire quella in presenza ma è, in questo particolare momento storico, l’unico mezzo “alternativo “ disponibile per continuare a poter fare quello che consideriamo noi docenti, non un lavoro ma una vocazione.
Dott.ssa Maria Giovanna Ulivi
La prima settimana è stata per tutti un problema. Non eravamo attrezzati. I ragazzi avevano una loro mail ma non era mai stata attivata. Il primo passo è stato quello di attivarla. Ora stiamo facendo delle video lezioni di classe e personalizzate o a piccoli gruppi. Proiettiamo in video chiamata quello che facciamo sui nostri terminali. Noi insegnanti di sostegno prepariamo del materiale personalizzato e siamo sempre in contatto con i docenti di materia. Il nostro primo obiettivo è stata la socialità. Facciamo delle videochiamate affinché tutti si possano vedere. Per i “nostri” ragazzi c’è il rischio di un isolamento sociale perciò facciamo da mediatori tra i ragazzi disabili e la classe. Usiamo Google Meet per fare le video lezioni e Class Room per lo scambio di materiali e compiti. Il riscontro è stato faticoso nei primi giorni: i ragazzi erano confusi, credevano di tornare presto a scuola. Quando hanno capito che non sarebbero tornati fino al 3 aprile si son dati da fare. Ora su una classe di 25 persone abbiamo una media di 23-24 ragazzi che seguono.
Gessica Scifo, professionale “Silvio D’Arzo”, classe terza.
La nostra scuola purtroppo è in un territorio con molte difficoltà socio economiche e di questo abbiamo dovuto tener conto da subito. L’unico strumento di comunicazione di questi ragazzi è il cellulare perciò ci siamo dati da fare con WhatSapp. Facciamo soprattutto un’attività di trasmissione di materiale didattico. Personalmente faccio anche delle piccole video lezioni, cerchiamo di non perdere il percorso iniziato a scuola.
Va detto che per chi ha una piattaforma digitale è tutto più facile, ma se i ragazzi non hanno gli strumenti il lavoro si complica. All’infanzia, invece, le maestre hanno predisposto video, hanno costruito una storia, ogni mattina i bambini ricevono filastrocche. Stiamo contando molto sull’aiuto delle mamme in questo caso.
In un contesto come il nostro c’è il rischio che in questa situazione aumenti la dispersione scolastica, alcuni alunni non riusciamo a raggiungerli. L’unica è chiamare direttamente le famiglie. Stiamo provandole tutte: attraverso la pagina Facebook mettiamo dei link. L’obiettivo è quello di suscitare in loro una capacità di dare risposte.
Rosolino Cicero, istituto comprensivo “Giuliana Saldino” Palermo, insegnante di matematica e scienze in prima, seconda, terza.
Nella nostra classe abbiamo attivato da subito WeSchool una piattaforma che ci permette di dare ai bambini un segnale della nostra presenza nonostante l’obbligatoria distanza. Aprire la piattaforma è stato semplice: lì carichiamo alcuni video ma non diamo compiti. Andiamo avanti con la programmazione di classe. C’è una lavagna dove possono scrivere i loro messaggi. La nostra preoccupazione è quella di raggiungere tutti. Purtroppo alcuni non hanno gli strumenti informatici per poter prendere parte alle lezioni. Qualcuno viene tagliato fuori. La maggioranza ha aderito. Quelli che partecipano reagiscono bene, seguono i lavori, scrivono dei commenti, fanno i quiz sull’ortografia.
Cerchiamo di rendere tutto più divertente. Stiamo usando anche il registro elettronico che è piuttosto sterile. Sulla piattaforma si può interagire. Personalmente non avevo fatto della formazione sulla didattica a distanza ma mi son ritrovato a formarmi ora e a conoscere WeSchool. Da aggiungere che i genitori ci mandano dei video di saluti attraverso WhatSapp e noi contraccambiamo.
Luca Ferrari, comprensivo “Locchi” Milano, insegnante in classe prima.
È stato un po’ complicato avviare la didattica a distanza. La nostra scuola ha più di mille studenti, più di 170 insegnanti. Uniformare la didattica non è stato facile. Il preside ci ha lasciati liberi di fare come desideravamo. A marzo quando tutto è stato chiuso, si è posta la questione di come andare avanti. Formalmente dobbiamo usare il registro elettronico, le video lezioni sono auspicabili ma non obbligatorie. Io le faccio per accompagnare i ragazzi nel percorso che stanno facendo. Non svolgo sei ore come in classe ma un paio al giorno. Utilizzo Meet, su Google Drive ma anche WhatSapp e la mail istituzionale. Ho assegnato a quelli di prima un diario ai tempi del coronavirus. Mi arrivano messaggi a tutte le ore del giorno e della notte. Va detto che i ragazzi hanno paura e sono refrattari a scrivere online i loro sentimenti, le loro angosce. Mentre in un tema scritto si esprimono liberamente via web fanno più fatica.
Ho qualche riserva sulla didattica a distanza, credo sia giusto farla ma vanno chiariti alcuni aspetti: in primis il fatto che tutti gli insegnanti la debbano fare.
Elisa Giacalone, istituto Ipsos “Steiner” Milano, scuola di cinema e televisione. Insegnante di italiano e storia classi prima, quarta e terza.
In questi giorni ognuno si è organizzato come ha voluto. All’inizio ho assegnato delle schede di grammatica per il consolidamento. Poi ho iniziato a fare dei video: ho una formazione teatrale e ho pensato di sfruttarla in questo senso. In un video ho fatto un dettato, in un altro ho spiegato i numeri decimali. I genitori ci hanno chiesto di più: volevano che ci fosse un contatto visivo e così è stato. Il riscontro è stato positivo: ho alternato spiegazioni all’assegnazione di schede. I bambini hanno continuato a lavorare sui loro quaderni con materiale spedito via internet. Abbiamo creato una continuità rispetto a quanto fatto in classe.
In primis ho usato WhatsApp coadiuvandomi con la rappresentante di classe. Ora sono passato ad usare You Tube. In tutto ciò bisogna tener conto che spesso entrambi i genitori lavorano da casa in smart working e hanno necessità di usare l’unico personal computer che hanno in casa. Se gli alunni fossero studenti di un liceo avrebbero i loro strumenti ma così piccoli hanno bisogno degli strumenti dei genitori. Per essere più vicini ai bambini abbiamo previsto dei momenti in videoconferenza per salutarci, per raccontarsi le nostre giornate. Spesso mi esternano le loro paure. Manca molto il contatto fisico, uno sguardo, un abbraccio.
Antonio Macchione, scuola primaria “Armando Diaz” Milano, insegnante di italiano in seconda, matematica in terza.
La scuola a distanza è molto più complessa di quella in presenza. E’ più faticosa. Pur usando le tecnologie è molto complicata. L’esigenza dei bambini è che tu sia lì per loro. I bambini stanno entrando in crisi. Le mamme mi hanno confidato che qualche fanciullo è molto triste a causa di questo clima. Se all’inizio erano contenti che non ci fosse lezione ora sono in difficoltà.
Noi abbiamo cercato di raggiungere tutti telefonicamente per dare un messaggio istituzionale sull’importanza di stare in casa. Era importante dare un segnale come maestre. Ci siamo organizzati per dare alcune attività a casa usando il registro elettronico. Abbiamo cercato di essere molto soft: abbiamo puntato sulla lettura e sulla scrittura inviando dei link di libri che possono ascoltare. Abbiamo dato loro la nostra mail. Ora dovremmo proporre dei piccoli video dove spieghiamo qualche materia. Abbiamo collaborato molto con le rappresentanti di classe per raggiungere tutti i bambini. La difficoltà è contattare i bambini con più disagi. Ma abbiamo cercato di sopperire creando una rete informale: grazie a dei volontari anche i bambini più in difficoltà hanno ricevuto il materiale anche se non hanno un personal computer.
Monica Cavalletti, classe terza istituto comprensivo Trescore Cremasco
Siamo stremati. Quella che stiamo vivendo è un’esperienza molto particolare. Nella nostra scuola abbiamo il “mito” della classe comunità e il distacco è stato molto doloroso. In questi giorni, grazie a Meet, finalmente abbiamo fatto la prima video conferenza: era emozionante vedere il loro bisogno di vedersi. Non li “incontravamo” dal 21 di febbraio.
Abbiamo usato molto la chat, loro ci hanno mandato lettere e messaggi. Molti bambini sono a casa con i nonni ma sono isolati. Chattano tra loro su WhatsApp ma manca molto il contatto fisico. La didattica è proseguita: abbiamo caricato compiti sul registro elettronico e hanno scaricato il libro di testo in formato digitale. Da quando si sono connessi sulla piattaforma abbiamo deciso di “incontrarli” a gruppetti. Nei prossimi giorni spiegheremo storia, geografia, faremo analisi logica e qualche operazione e ci prepareremo per lo spettacolo di fine anno. E’ chiaro che in questa situazione puoi solo esercitarli, non puoi portare avanti il programma. Nel caso della quinta sappiamo che questo tempo non lo recupereremo più perché l’anno prossimo loro non ci saranno più.
In questo contesto è chiaro che ci sono colleghi meno attrezzati, senza computer ma l’80% della scuola si sta dando da fare. L’animatore digitale è stato essenziale. Tra le telefonate tra noi e l’apprendimento con l’animatore digitale siamo parecchio impegnati. Anche tra noi c’è chi manda solo esercizi e chi si inventa qualcosa di più creativo ma tutti stanno facendo il possibile da casa. Bisogna tener conto che la nostra scuola è in un quartiere eterogeneo e multiculturale, il cellulare ce l’hanno tutti ma non si possono far lavorare con il telefonino. Per fortuna la videochiamata si può fare. Gli esercizi li tengono occupati ma un sacco di bambini non sono autonomi, vanno mandate cose differenziate. Ciò che manca è la Scuola con la “s” maiuscola, la scuola a distanza è un po’ una contraddizione.
Antonella Meiani classe quinta, Trotter “Casa del sole”, Milano
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Passo le mie giornate al telefono a fare da tutorial. Molti miei colleghi hanno accettato la sfida, seppur anziani. Pur di raggiungere i propri alunni hanno accettato questa scommessa. La preside ha dato la possibilità di usare più strumenti nel rispetto della capacità di tutti. Nel mio plesso abbiamo fatto squadra e siamo tutti sulla piattaforma di Edmodo. Non tutti però si sono documentati sulla didattica a distanza: per farla serve essere consapevoli che è necessario un carico di lavoro minore del solito. Dobbiamo renderci conto che i bambini non sono tutti a casa con mamma e papà, spesso sono con i nonni che non li possono aiutare oppure non tutti hanno accesso alle tecnologie. Noi abbiamo impostato così il nostro programma: ad inizio settimana diamo il lavoro per tutti i giorni. Dobbiamo inoltre considerare che i genitori non possono stampare tutto ciò che gli si manda in pdf: bisogna diminuire il numero di schede da inviare. Devo essere sincera, non mi manca nemmeno il rapporto umano perché lo abbiamo ripristinato online: i bambini mettono le loro foto su Edmodo che è un ambiente protetto e poi fanno i commenti tra loro.
Francesca Muraca classe III dell’istituto “Gonzaga”, Milano
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Sono molto agitata perché non credo di avere le capacità e le competenze per fare didattica a distanza. Non credo di essere all’altezza. Mi sono formata ma non ho mai avuto occasione di farla. Avevo fatto dei corsi ma non ho mai messo in pratica ciò che avevo imparato.È chiaro che dopo questa esperienza cambierà il modo di vedere e fare la scuola. Non è facile imparare a stare davanti ad una telecamera per parlare con i bambini. A volte tutto si complica a causa di una connessione non sempre buona.
Noi insegnanti stiamo attrezzandoci. Abbiamo fatto riunioni con Meet e abbiamo imparato a rispettare il turno per dialogare. Per vedere qual è la soluzione migliore ci stiamo approcciando a metodi diversi. Il registro elettronico nel frattempo è stato molto migliorato. I genitori sono molti attivi, partecipi e carichi di energia: cercano di sostenerci e comprendono che ci siamo, che stiamo facendo il possibile. Per fare una lezione con i bambini di quinta uso Screencast-O-Matic mentre per quelli di prima per ora ho scaricato dei video da You Tube e li ho inviati loro facendo fare degli esercizi attraverso il registro elettronico.
Certo manca l’interazione con i bambini ma è quello che possiamo fare. Carichiamo i compiti sul registro elettronico, ora attiveremo Class room. Nel frattempo stiamo facendo molti corsi online di aggiornamento sulla didattica digitale. Ci sono persone che si mettono a disposizione gratuitamente. La scuola si sta dimostrando una risorsa anche adesso.
Anna, classi prima e quinta scuola primaria istituto comprensivo Trescore Cremasco
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Mi mancano i bambini. La scuola è come la famiglia. Questa situazione è come se ci costringesse a stare lontano dai più cari. Ci sono dei gesti quotidiani che ti vengono a mancare. Avendo a che fare con bambini di prima elementare il contatto fisico è fondamentale. La didattica a distanza per i bambini così piccoli è quasi impossibile da effettuare perché con loro non comunichi solo attraverso il linguaggio verbale ma anche attraverso quello del corpo.
In questi giorni siamo rimasti in contatto con i genitori per far sentire loro la nostra vicinanza. Abbiamo spiegato alle famiglie che i giorni persi sono tanti ma non ci spaventano perché il potenziale d’apprendimento a quell’età è forte. Il tempo “perso” potrà essere facilmente recuperato.
Per trasmettere dei contenuti abbiamo usato WhatsApp, attraverso di esso abbiamo passato dei materiali multimediali inviando dei link che vengono condivisi con la rappresentante di classe. Non si tratta di compiti convenzionali ma di attività trasversali. Purtroppo non abbiamo un feedback con i bambini, la didattica a distanza ha dei limiti invalicabili con degli alunni così piccoli. Quando hai a che fare con un bambino di sei anni non puoi pensare di interfacciarti direttamente con lui perché non ha gli strumenti per essere lasciato da solo davanti ad un computer.
Chiara Giuliotti, classe prima scuola “Gianni Rodari” Saronno
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Collaborazione ai testi di Alex Corlazzoli