“Per quest’anno non cambiare, stessa spiaggia, stesso mare...”. Il tormentone degli anni Sessanta di Piero Focaccia risuona nella testa pensando ai compiti delle vacanze da assegnare agli alunni.
Libro delle vacanze all inclusive? Compiti personalizzati? Nulla? Ogni insegnante ha le sue abitudini e le sue convinzioni, tutte valide e tutte discutibili. Non è una scienza esatta, quella dei compiti delle vacanze, e il ministero dell’Istruzione non ha dato alcuna indicazione in merito. Anche se lo scorso Natale il capo del dicastero, Marco Bussetti, aveva chiesto ai docenti di diminuire il carico dei compiti. Qualunque sia la vostra posizione, ecco alcuni punti di vista.
INNANZITUTTO: COMPITI SÌ O NO?
Le maestre interpellate, tutte con qualche decennio d’esperienza, non hanno dubbi: i compiti delle vacanze servono per mantenere in allenamento le strumentalità di base, ovvero la grammatica, la scrittura, la lettura e l calcolo. Le vacanze estive sono troppo lunghe per lasciare gli alunni senza far niente.
La maestra Monica Cavalletti, insegnante all’Istituto comprensivo di Trescore Cremasco (Cremona) da più di vent’anni, aggiunge un elemento su cui meditare: «Più che all’allenamento, penso che i compiti siano utili per far capire al bambino che la scuola fa parte della sua vita e quindi quello che fa in estate ha senso per mantenere un legame con quella parte dell’esistenza trascorsa sui banchi. Anche i mesi di vacanza sono un grande patrimonio per fare esperienze istruttive».
Un no deciso arriva, invece, dal dirigente Maurizio Parodi che ha lanciato la campagna Basta compiti: «I compiti delle vacanze sono un ossimoro perché le vacanze o sono tali o non hanno senso di essere». E sostiene: «I compiti per le vacanze sono la conferma che c’è un accanimento da parte dei docenti italiani. È assurdo perché il legislatore ha previsto nel calendario scolastico un periodo di vacanza per gli studenti. Dunque, sono illegittimi e non c’è alcuna giustificazione dal punto di vista pedagogico». E a chi dice che servono per non dimenticare quanto si è imparato durante l’anno scolastico Parodi risponde: «Questa è un’ammissione di fallimento professionale perché se un bambino in tre mesi si scorda tutto quello che ha appreso significa che come docente ho insegnato male».
Inoltre, secondo Parodi, i compiti sono «discriminanti perché favoriscono gli studenti avvantaggiati, che hanno genitori premurosi e istruiti, e penalizzano chi vive in ambienti deprivati. Sono onerosi nel senso che spesso costringono i genitori a pagare lezioni private e sono stressanti perché causa di conflitti e litigi tra genitori e figli». Parodi, dunque, ha una posizione netta che non lascia spazio alle trattative.
Torniamo allora a quelli del sì ai compiti.
QUALI E QUANTI COMPITI ASSEGNARE?
C’è chi punta tutto sulle esperienze da vivere e da raccontare, magari attraverso un diario di bordo e chi, invece, opta per il libro delle vacanze. Aumentano, inoltre, gli insegnanti che assegnano i cosiddetti compiti alternativi.
«Chiediamo ai ragazzi di tenere dei diari su cui scrivere le esperienze fatte» spiega la maestra Monica Cavalletti. «Negli anni scorsi abbiamo anche chiesto di costruire degli oggetti con materiali di riciclo. Ai bambini più in difficoltà abbiamo consegnato del materiale alternativo personalizzato. Agli altri abbiamo consigliato un libro delle vacanze. Come lo abbiamo scelto? La regola è sempre stata quella della semplicità».
La maestra Antonella Meiani, che insegna in una scuola primaria milanese e ha scritto diversi libri per le vacanze, aggiunge: «Il manuale ideale è quello con giochi, cruciverba, rebus. Bisogna fare in modo che il bambino faccia non più di un paio di pagine e non più di un’ora al giorno. Arrivati a settembre, suggerisco ai miei alunni una batteria di esercizi prima di tornare a scuola. I giorni immediatamente precedenti sono importanti per ripassare e per allenarsi sulle nozioni fondamentali».
Sulla stessa linea Daniela Fabbri, redattrice di Giunti Scuola: «Un libro delle vacanze deve avere pochi esercizi, concentrarsi sui concetti fondamentali, essere gestito in autonomia dal bambino e deve essere divertente».
Infine, Raffaele Mantegazza, docente associato di pedagogia alla Bicocca di Milano, non esclude i compiti, ma non gli piacciono i libri per le vacanze: «Sono spesso noiosi e costruiti come una sorta di eserciziario. Sono standardizzati. Perché, invece, non inventare dei compiti che abbiano un senso rispetto a quello che si è imparato a scuola? In italiano potrebbe essere interessante, per esempio, partire da un brano e sostituirsi al protagonista oppure trovare un finale diverso».