Sì, è capitato anche a me quando andavo alle medie. C’era un prete che, durante l’ora di religione, ci faceva leggere Il gabbiano Jonathan Livingston , un libro che parla, appunto, di libertà . Non è uno dei miei libri preferiti ma, allora, mi aveva colpito. E anche il prete mi piaceva: mi sembrava in gamba, diverso dagli altri, perché non si limitava a “fare il catechismo ” in classe, ma cercava di dialogare su temi che ci coinvolgevano. Lo stimavo e avevamo un bel rapporto. Almeno finché non mi chiese di andare a un ritiro spirituale e rifiutai. Lui ci rimase male. E io molto di più per il suo esserci rimasto male. Probabilmente è una missione ufficiale di tutti i preti quella di “salvare le pecorelle smarrite”. Ma è un atteggiamento che non sopportavo e non sopporto. Si può essere atei (cioè “senza Dio”) ma non per questo si è anche senza senso (senso della giustizia, senso della comunità, senso della vita...). E si può insegnare senza convertire . Anzi, secondo me si inizia a insegnare proprio quando si smette di voler convertire (cioè portare dalla propria parte). Quindi che dire: sì, penso anch’io che sia un po’ stupido chi non ti rivolge più la parola perché “non sei dalla sua parte”.