La Sindrome di Stoccolma è quella particolare condizione psicologica secondo la quale la vittima di un sequestro finisce per affezionarsi al suo carceriere.
Sembra un controsenso: perché una persona dovrebbe mai infatuarsi di chi l'ha strappata dalla propria esistenza per costringerla alla prigionia? Eppure questo stato di dipendenza che si viene a instaurare tra vittima e aguzzino non è poi così rara...
COS'È
La cosiddetta Sindrome di Stoccolma in realtà non è ancora stata inquadrata come un vero e proprio disturbo psicologico, ma piuttosto come un insieme di comportamenti ed emozioni che alcune persone attivano inconsapevolmente di fronte ad eventi profondamente traumatici come appunto un rapimento prolungato.
Si tratta dunque di una specie di strategia di "sopravvivenza" (totalmente inconscia) che spinge le vittime di sequestri che vedono pericolosamente minacciata la loro vita a stringere un legame con i loro rapitori, i quali piano piano si trasformano in punti di riferimento dai quali dipende l'esistenza stessa della persona rapita.
Questo strano meccanismo psicologico - motivato da continuo stress e situazioni di estremo disagio - porta dunque a trasformare i sentimenti negativi che chiunque di noi nutrirebbe nei confronti di chi ci sta facendo un tremendo torto, in sentimenti positivi, arrivando in certo casi perfino all'identificazione del rapito con il punto di vista del rapitore.
Ecco dunque perché a volta la persona rapita non solo non cerca in alcun modo di facilitare la propria liberazione, ma diventa egli stessa complice della propria prigionia, perché il suo mondo è diventato quello di chi l'ha rapita.
ORIGINE DEL NOME
Ma perché questo stranissimo stato di dipendenza psicologica prende il nome dalla capitale della Svezia?
La denominazione è dovuta ad un famoso sequestro avvenuto proprio a Stoccolma nel 1973, dove un certo Jan-Erik Olsson, appena evaso dal carcere, tentò una rapina in banca, prendendo come ostaggi quattro persone (tre donne e un uomo). Il sequestro durò circa 130 ore (più o meno sei giorni), tempo durante il quale i quattro sequestrati vissero a stretto contatto con Olsson che, pur avendo minacciato la loro incolumità, ebbe un certo riguardo nei confronti dei suoi prigionieri.
Alla fine del sesto giorno però, quando le forze di polizia riuscirono a porre fine al rapimento, gli ostaggi avevano quasi più paura dei poliziotti che del loro aguzzino e durante l'arresto si preoccuparono della sorte di Olsson, proprio come fosse un loro caro.
Questa storia fece il giro del mondo e da allora tutte le volte che una vittima di sequestro sviluppa sentimenti contrastanti nei confronti dei suoi carcerieri, si parla di Sindrome di Stoccolma.
Fonte: State of Mind, il Giornale delle Scienze Psicologiche