Anche chi non ha seguito in diretta il Festival di Sanremo 2023 sa che è successo un fatto un po’ particolare: a un certo punto della sua esibizione, il cantante Blanco – vincitore dell’edizione precedente in duetto con Mahmood con la canzone “Brividi” – ha iniziato a prendere a calci e sfasciare le rose sul palco. Ma cos’è accaduto davvero e soprattutto, come si gestisce la rabbia senza prendersela con cose o persone?
Chiunque abbia visto Blanco prendere a calci i fiori sul palco di Sanremo 2023 è rimasto senza parole: magari stavi guardando il Festival anche tu coi tuoi genitori e non hai capito il suo gesto, che ti è parso un po’ violento. Dopo alcuni giorni di ipotesi – sarà stato voluto, oppure no? – la verità sembra essere che in effetti la distruzione delle rose era prevista, ma non in maniera così esagerata. A prescindere da come sia nato davvero l’episodio, questo ha comunque aperto una discussione su come si gestisce la rabbia.
Se hai ascoltato qualche parere, avrai sentito dire per esempio che Blanco è molto giovane (ha 20 anni) e gli è concesso reagire così male per lo stress, ma c’è anche chi sostiene che un gesto del genere non dovrebbe mai essere compiuto, ancor meno in diretta televisiva, perché giustifica la violenza e la violenza si sa, non è mai giustificata.
La domanda che quindi ti starai facendo è: ma come posso incanalare la rabbia che sento a volte, senza diventare aggressivo/a e fare del male a cose o persone? Distruggere non è la soluzione, e nemmeno prendersela con le persone. Si dice che chi ci ama ci resti vicino in ogni caso, anche quando abbiamo comportamenti sbagliati, ma capire che non è giusto sfogare con gli altri la propria rabbia è il primo passo per imparare a incanalarla nel modo giusto.
Abbiamo chiesto al dottor Stefano Rossi, psicopedagogista che da vent’anni lavora con gli adolescenti e con educatori e insegnanti, di spiegarci come si gestisce la rabbia e come comportarsi nei casi in cui si senta di "esplodere".
Secondo il dottor Rossi, ancor prima di capire come gestire la rabbia è importante capire come funziona il nostro cervello. Per farlo usa una metafora: “Il cervello di ciascuno di noi è simile a un bellissimo veliero. In questo veliero ci sono due componenti molto importanti: il piccolo timoniere, che possiamo chiamare il cervello che pensa, e le grandi vele, il cervello che sente. Il cervello che pensa è quello che i neuroscienziati chiamano corteccia prefrontale, il cervello che pensa è quello che deve imparare a governare, a regolare e a controllare le potenti vele delle emozioni”.
In questa immagine, quindi, ritroverai la rabbia: un’emozione che, ancor prima di governare, devi essere capace di riconoscere e sentire. Il dottor Rossi spiega che la rabbia non c’entra nulla con la violenza, ma ha più a che fare col “no”. Hai presente quando Rosa Park ha detto no a chi le chiedeva, perché donna nera, di alzarsi dal posto in cui era seduta su un autobus? Quel tipo di rabbia è tutt’altro che un sentimento negativo, come invece siamo soliti pensare: “La rabbia è in realtà nostra alleata, prosegue il dottor Rossi. Perché se rimane sotto controllo del piccolo timoniere è una vela importante che ci aiuta a trovare il coraggio di affermare il nostro pensiero rispetto a un'ingiustizia”
È successo al giovane Blanco, può succedere a tutti noi, forse è già successo anche a te: a volte la rabbia è incontenibile e si trasforma in una furia. “In questi casi – spiega lo psicopedagogista - il piccolo timoniere perde il controllo delle grandi vele delle emozioni, in particolare di quelle della rabbia: si parla di dis-regolazione emotiva. La rabbia diventa qualcosa di sbagliato: violenza, distruttività, aggressività. Ecco Blanco che prende a calci tutti i fiori presenti sul palco”.
C’è una cosa che però non sai: alla tua età, nel periodo della preadolescenza e dell’adolescenza, quel timoniere che si occupa di regolare le emozioni non è ancora completamente sviluppato, lo diventerà dopo i 20 anni. Per questo è più semplice, durante questo periodo della vita, perdere il controllo: questo però non giustifica la violenza, e qui veniamo alla nostra domanda iniziale.
Il dottor Rossi non ha alcun dubbio: la migliore strategia è il riconoscimento delle emozioni, che permette di addolcirle. Se Blanco per esempio fosse stato capace di fermarsi e ammettere quel che stava provando, dicendo magari ad Amadeus “sono arrabbiato perché ci tenevo tanto a questa manifestazione e ho paura di aver fatto una figuraccia”, sarebbe stato capace di tirar fuori le sue emozioni senza sfogarsi contro i fiori.
“Se riusciamo a dare un nome a ciò che abbiamo nel cuore – sottolinea lo specialista Rossi – le nostre emozioni non spariscono, ma si addolciscono. Imparare a dare un nome alle emozioni che proviamo, anche a quelle molto intense, ci permette di trasformare in parole quei sassi che portiamo nel cuore. Capita a tutti di sentirsi giù di morale, di sentirsi nel proprio mondo interiore, arrabbiati, stanchi, stressati: ecco, in questi casi devi comprendere che noi essere umani siamo degli animali sociali e abbiamo bisogno di dire a qualcuno che sta accanto a noi che siamo tristi, arrabbiati”.
Insomma, avrai capito qual è il segreto per non “esplodere”: parlarne, parlarne sempre. È tramite la cosiddetta intelligenza emotiva che quei sassi si trasformano in parole e non vengono scagliati contro niente e nessuno! Non vergognarti di parlare: i tuoi genitori e i tuoi insegnanti non aspettano altro che ascoltarti e capire come poterti stare accanto.
Se sei arrivato qui perché sei un genitore e vuoi capire come spiegare il gesto di Blanco a tuo figlio o tua figlia, o magari affrontare con lui/lei i suoi scatti di rabbia, ecco cosa ti consiglia il dottor Rossi. “Quando un ragazzo ci ha spiegato perché è così arrabbiato dobbiamo aiutarlo a dare un nome alle emozioni che prova. Immaginiamo che abbia perso il controllo appena entrato in casa, possiamo dirgli: ok mi dispiace che sei così arrabbiato, mi hai spiegato che i tuoi amici ti hanno preso in giro per il taglio di capelli, hai il diritto di essere arrabbiato. A questo punto, poi, dobbiamo spiegargli il significato delle emozioni: la rabbia è l’emozione che proviamo quando subiamo un’ingiustizia. Come si fa a far ripartire il timoniere? Dicendo: hai il diritto di essere arrabbiato ma non hai il diritto di essere violento, né con me né con i tuoi amici”.
L’esperto consiglia l’uso delle metafore dell’intelligenza emotiva: i genitori devono insegnare ai ragazzi la comunicazione mano sul cuore. “Quando siamo arrabbiati e abbiamo diritto di esserlo – continua Rossi - anziché lanciare i sassi che abbiamo nel cuore dobbiamo mettere la mano sul nostro cuore e imparare a dire a un amico o a chiunque ci abbia trattato male che il suo comportamento ci ha reso molto tristi, ci ha deluso, ci ha ferito e spiegare perché”.
“Sotto il fuoco della rabbia – conclude Rossi – c’è sempre un dolore, c’è in fondo una tristezza, una sofferenza. Allora che cosa significa diventare emotivamente intelligenti? Passare dalla comunicazione dito puntato (che diventa violenta) alla comunicazione mano sul cuore con cui imparo a riconoscere cosa mi ha ferito e imparo a comunicarlo all’altro”.
Stefano Rossi è psicopedagogista e fondatore di Didattica Cooperativa. Il suo ultimo libro, Mio figlio è un casino, aiuta i genitori (e gli insegnanti) a relazionarsi con bambini e ragazzi che d’improvviso diventano “impossibili”, che tirano fuori un bel caratterino. Una guida in quattro tappe per attraversare la tempesta con empatia e resilienza, utile agli adulti come ai ragazzi.