Negli ultimi tempi, e probabilmente ancora di più in seguito all’esperienza della pandemia, capita di sentir parlare di “ansia sociale”. Un fenomeno che sembrerebbe colpire molti adolescenti, in particolare, e che si manifesta come la paura di affrontare situazioni in cui si ha a che fare con gli altri. Ma che cos’è esattamente l’ansia sociale, come la si riconosce e come bisogna comportarsi?
A volte può non essere semplice distinguere tra timidezza e ansia sociale. Secondo i dati statistici del manuale DSM 5 (il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) l’ansia sociale è piuttosto diffusa nella popolazione generale (il 5% degli adulti ne soffre) ma la fascia più colpita è quella adolescenziale e quella dei giovani adulti. I social hanno un ruolo importante nel diffondere il termine e molte volte, ascoltando i pareri e le parole di persone non proprio competenti, si può rischiare di farsi o fare diagnosi. Per questo abbiamo chiesto a una specialista, la dottoressa Aurora Bellucci, psicologa che ha a che fare quotidianamente con bambini e adolescenti, di spiegarci che cosa si intende per ansia sociale.
“L’ansia sociale (o fobia sociale) – spiega la dottoressa Bellucci - è una paura, più o meno intensa, in situazioni socialmente connotate. A differenza dell’ansia generalizzata, l’ansia sociale si verifica in specifiche condizioni, ad esempio: parlare in pubblico, esibirsi, parlare con altre persone, parlare al telefono, mangiare con altre persone ecc. Sostanzialmente è una paura molto intensa di essere valutati/giudicati negativamente dagli altri. Nel disturbo d’ansia sociale, l’intensità dell’emozione compromette significativamente la qualità della vita e delle relazioni”.
Quindi, non è ansia sociale il fatto di vergognarsi a parlare in pubblico (quello è molto diffuso!) ma piuttosto ritrovarsi ad avere una vita compromessa perché non si riesce a gestire nessuna situazione in cui ci si trova a contatto con altre persone.
Che tu sia un ragazzo o una ragazza, un genitore oppure un docente, nonostante la definizione di ansia sociale potresti ancora essere in dubbio su come riconoscerla e, eventualmente, intervenire. Secondo la dottoressa Bellucci, “il segnale principe è l’evitamento, le persone ansiose evitano vistosamente le situazioni che creano ansia, quindi, nel caso dell’ansia sociale si potrebbe assistere al rifiuto di partecipare ad occasioni sociali”. Per esempio se tu (o tuo/a figlio/a o alunno/a) rifiuti inviti a feste, uscite, compleanni, non vuoi praticare uno sport o addirittura ti rifiuti di andare a scuola, ci sono buone probabilità che si possa parlare di ansia sociale. Nei casi più gravi, spiega la psicologa, si arriva a un ritiro completo, a persone che non escono più dalla propria stanza, come i cosiddetti hikikomori.
Per i genitori e gli insegnanti, è importante fare attenzione ai segnali fisici: “chi soffre d’ansia sociale – aggiunge la dottoressa Bellucci – tende solitamente a somatizzare, manifestando mal di testa e/o difficoltà respiratorie in seguito a situazioni sociali, problematiche gastro-intestinali, tachicardia e dolori al petto”.
Se sei un genitore, ti starai chiedendo come fare in modo che tuo/a figlio/a non sviluppi paura di stare con altre persone. Ti sembra isolato/a, e vorresti intervenire prima che sia troppo tardi. Il tuo è un ruolo fondamentale nella prevenzione dell’ansia sociale: come spiega la dottoressa Bellucci, “un genitore molto esigente può innescare tratti ansiosi. Per un bambino il genitore detiene ‘la verità’, un bambino non metterà mai in dubbio il genitore, metterà in dubbio se stesso: se il genitore sistematicamente chiede rigidamente alte performance (nello sport, a scuola ecc…), giudicando negativamente performance nella media, nel momento in cui il bambino dovesse faticare nel soddisfacimento delle aspettative delle figure primarie di accudimento, svilupperà un senso di inadeguatezza che genererà uno stato ansioso e paura del giudizio”.
Per creare ansia nei figli, però, è necessario che questo comportamento sia ricorrente e sistematico. Al contrario, chiarisce la psicologa, per prevenire è utile creare una buona autostima “attraverso il riconoscimento del bambino e la sua accettazione da parte delle figure di accudimento”.
Se dopo aver letto questo articolo ti sembra di soffrire di ansia sociale, o se sei un genitore preoccupato per il/la figlio/a, e se la situazione sta diventando invalidante per chi la vive, dovresti pensare alla psicoterapia. Le tecniche sono diverse, soprattutto di tipo cognitivo-comportamentale, e si possono ottenere ottimi risultati. In particolare, possono rivelarsi davvero utili le terapie “evidence based”, e cioè quelle in cui il terapista individua la strategia più adeguata al caso sulla base dell’origine dello stato ansioso (che non è necessariamente educativa). Per esempio, si possono individuare gli schemi di pensiero e di comportamento disfunzionali che possono scatenare stati ansiosi, al fine di modificarli. Anche la mindfulness e specifiche tecniche di rilassamento, secondo la dottoressa Bellucci, possono portare dei risultati e aiutare chi soffre di ansia sociale.
Per la dottoressa Bellucci non ci sono dubbi: “gli insegnanti hanno un ruolo chiave”. Innanzitutto, va ricordato, se sei insegnante, che bisogna evitare comportamenti di disprezzo nei confronti del fallimento. In un periodo storico in cui la performance sembra contare più di tutto il resto, non è un compito semplice, ma è necessario. Di fronte a casi già conclamati di ansia sociale, poi, “sarebbe importante limitare (ma non annullare) l’esposizione del ragazzo a situazioni per lui disagevoli quali, ad esempio, farlo parlare davanti a tutta la classe o giudicarlo in presenza dei compagni”, conclude la specialista. È fondamentale, in sostanza, evitargli situazioni in cui si sente al centro dell’attenzione e tutti gli occhi addosso.
Se sei adolescente e i luoghi in cui ci sono molte persone, oppure parlare con qualcuno di nuovo, o iniziare una nuova attività sono situazioni che ti mettono a disagio, non è detto che tu soffra di ansia sociale. Un po’ di timore e timidezza, soprattutto alla tua età, sono più che comuni.
Se invece credi ormai che la tua sia una vera e propria fobia, parlane con i tuoi genitori o con gli insegnanti e chiedi di avere un supporto.
Genitori e insegnanti, invece, hanno il compito di non avere sempre aspettative altissime e mettere pressioni: essere un po' meno rigidi e valutare ragazze e ragazzi nel loro complesso, non soltanto sulla base dei loro risultanti sportivi e scolastici, è già un ottimo punto di partenza.
Aurora Bellucci è Dottoressa in tecniche psicologiche per i servizi alla persona e alla comunità e Dottoressa in psicologia, si occupa prevalentemente di bambini e adolescenti ed è iscritta all'Ordine degli psicologi della Lombardia.