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Gli animali selvatici possono vivere nelle città?

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Gli animali selvatici possono vivere nelle città?
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Studi e progetti in area urbana che vedono i cittadini in prima linea per la conservazione della biodiversità

Non c’è niente di più sbagliato che pensare alle città come a luoghi inadatti e inospitali per gli animali selvatici. Molte specie, infatti, le popolano o semplicemente le frequentano, magari tra il tramonto e l’alba, lontano da sguardi indiscreti.

Quali sono i fattori che favoriscono la presenza degli animali selvatici?

Per esempio l’abbondanza di acqua e di cibo (fontane e fontanelle, rifiuti e offerte dirette, ecc.), il maggior calore che consente un risparmio energetico in inverno, la riduzione dei predatori naturali e dei cacciatori nonché la presenza di molti possibili rifugi o luoghi per nidificare o rintanarsi.

La presenza dell'uomo quanto influisce?

A questo, per contro, corrisponde un intenso disturbo antropico, cioè causato dall’uomo direttamente con la sua presenza, o indirettamente (rumore, inquinamento, luce, ecc.). Gli scienziati hanno visto che l’evoluzione sta favorendo le specie più adattabili, cioè capaci, da un lato, di sopportare la vicinanza con gli esseri umani ma anche disposte a modificare le loro abitudini sulla base di ciò che accade loro intorno.

E più gli animali si adattano a noi meno saranno timidi nei nostri confronti, persuasi del fatto che, tutto sommato, non siamo poi così pericolosi. Questa evoluzione sta portando in alcuni casi, anche se non per tutte le categorie, a una riduzione del numero di specie in città, rispetto a una volta, ma a un aumento del numero di individui.

Più parchi più animali selvatici

In generale, le città “compatte”, con meno parchi e corridoi ecologici (aree verdi), hanno un minor numero di specie di animali selvatici, soprattutto mammiferi, che si trovano davanti barriere architettoniche spesso invalicabili.

Per contro, città verdi e aperte attirano una fauna più varia. Riconoscere la presenza di determinate specie in città, tutelarle e gestirle nonché valorizzare l’importanza della biodiversità urbana è importante, sia dal punto di vista ecologico che sociale.

Si parla infatti di “servizi ecosistemici”, che sono poi i benefici multipli che gli ambienti naturali e la biodiversità forniscono al genere umano. La biodiversità nelle città, infatti, è il miglior alleato dell’uomo per migliorare la qualità ambientale (inquinamento, clima, ecc.), oltre a contribuire al nostro benessere psico-fisico.

Per questo sempre più spesso anche i cittadini sono chiamati a partecipare attivamente attraverso osservazioni e segnalazioni (Citizen Science). Dagli atlanti faunistici ai progetti specifici di molte associazioni fino all’app I-naturalist, le possibilità per fare la propria parte sono tante.

Gli atlanti faunistici urbani

Sono preziosi strumenti di studio e analisi della presenza di specie di animali selvatici in città. L’Italia è il paese che ha realizzato il maggior numero di atlanti ornitologici urbani al mondo.

Vengono realizzati dividendo il territorio cittadino in aree, di solito quadrati di 500 metri oppure 1 km di lato, nei quali esperti e volontari annotano in un arco di tempo stabilito (se si considerano per esempio gli uccelli nidificanti i dati vengono raccolti in primavera per 2/3 anni di seguito) la presenza di animali, nidi, tane, piume, escrementi, borre, ecc.

Classificazione delle specie

A seguito dei rilevamenti, le specie vengono classificate come comuni, rare o occasionali e confrontando i dati con i precedenti (gli atlanti dovrebbero essere ripetuti ogni 10 anni) permettono di monitorare i cambiamenti nella presenza delle specie ma anche di dare informazioni sulla qualità ambientale, sia per una corretta pianificazione urbanistica sia per una gestione sostenibile del verde urbano.

Sulla base dei numeri, infatti, le città rispondono, o almeno dovrebbero, mettendo in atto opere e strategie per favorire la ripresa delle specie in diminuzione (agevolando per esempio la nidificazione di alcuni uccelli o piantando specie vegetali attrattive per farfalle e api) o per ostacolare la crescita di quelle cosiddette “problematiche” (un esempio che vale ovunque è il piccione).

Milano: Il progetto BiodiverCity

Si tratta di un progetto innovativo e ambizioso promosso da Progetto Natura Onlus e sostenuto da Fondazione di Comunità Milano Onlus, che prevede in primis un monitoraggio specialistico su due gruppi di specie indicatrici di biodiversità e qualità ambientale: uccelli e farfalle, condotto dagli ecologi Zeno Porro ed Elisa Cardarelli che raccolgono i dati tenendo conto delle esigenze ambientali delle singole specie e delle relazioni tra esse e l’ambiente urbano.

A questo è affiancato anche un monitoraggio Citizen Science che coinvolge la cittadinanza su 30 specie target, tra cui alcune autoctone, cioè tipiche del territorio, e altre definite aliene perché provenienti da altri paesi (nutria, scoiattolo grigio, parrocchetto dal collare e parrocchetto monaco), tramite l’utilizzo dell’applicazione I-Naturalist.

«Obiettivo finale del progetto – spiega Andrea Pirovano zoologo e presidente dell’Associazione Progetto Natura Onlus – è quello di creare delle Linee Guida che individuino delle buone pratiche per la tutela e gestione della biodiversità urbana.

Per fare questo, oltre alla raccolta dati “partecipata” abbiamo previsto molte altre azioni ugualmente importanti per sensibilizzare i cittadini perché, per fare conservazione, ci vuole coinvolgimento.

Il coinvolgimento dell'Università e delle scuole

Da un lato, con il Dipartimento di Psicologia dell’Università Bicocca, condurremo un’indagine per valutare la percezione dei milanesi sulla biodiversità e la sua importanza, dall’altro coinvolgeremo sia le scuole primarie e secondarie di primo grado, per accrescere la sensibilità, la conoscenza e la partecipazione sul tema, sia i portatori di interesse attraverso un tavolo tecnico che porti a individuare strategie partecipate per la tutela della biodiversità e lo sviluppo urbano.

Così si favorisce la presenza di alcune specie

Ci saranno, poi, degli interventi diretti sul territorio a cura del Comune di Milano, altro partner del progetto (semina di aiuole, collocazione di casette-nido, ecc.), per favorire la presenza di alcune specie a discapito di altre, considerate infestanti/invasive (piccioni, cornacchie grigie, ecc.), e infine, con la Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Milano, diffonderemo le linee guida ad architetti, paesaggisti e cittadini nella speranza che tengano conto in tutti gli interventi edilizi e di ristrutturazione della tutela della biodiversità».

Per scoprire tutto sul progetto, sulle specie target e su come aiutarci qui

Come partecipare

I-Naturalist, l’applicazione per diventare naturalisti attivi

Il progetto BiodiverCity sarà attivo fino a circa maggio 2023 e per chi volesse dare il suo contributo diventando “assistente di campo” è sufficiente raccogliere quante più osservazioni possibili delle specie target.

Insomma, basta armarsi di macchina fotografica e scattare. Le foto dovranno poi essere caricate sull’app I-Naturalist, nata nel 2008 come iniziativa congiunta della California Academy of Sciences e della National Geographic Society, che permette di contribuire alla conoscenza e conservazione delle specie selvatiche e di scoprire e approfondire le proprie osservazioni naturalistiche.

Scaricata l’app, si crea il proprio profilo e si caricano foto, suoni o semplici osservazioni condividendole così con una rete di esperti e naturalisti di tutto il mondo entrando in contatto diretto con loro. Per supportare Biodivercity, bisogna ricordarsi di aggiungere nelle note la parola “Biodivercity”, in questo modo la foto, georeferenziata, sarà automaticamente collegata al database del progetto.

Sull’applicazione, infatti, si possono creare gruppi su un animale o un luogo in particolare.

Per controllare le immagini caricate da altri contributor bisogna andare sul sito
I-Naturalist  nella sezione "comunità-progetti" e inserire la parola chiave nel motore di
ricerca. Si potrà così vedere le specie osservate, quelle più diffuse e persino le statistiche.

Testo di Claudia Fachinetti