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FocusJunior.itAnimaliErrori di comunicazione: tutte le nostre (false) convinzioni sugli animali

Errori di comunicazione: tutte le nostre (false) convinzioni sugli animali

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Orsi solitari? Maiali sporchi? Quando giudichiamo gli animali basandoci solo sulle nostre esperienze facciamo errori clamorosi. Noi, ad esempio, per comunicare usiamo molto gli occhi. Ma per molte altre specie non è così.

Che belli questi animali! Com’è tenero il koala! E che buffe le scimmie quando copiano quello che facciamo. Pensa che i delfini, quando sono felici, sorridono come noi... Quante volte ti è capitato di pensare o ascoltare queste cose? Dinanzi a un animale, infatti, spesso cadiamo nella tentazione di attribuirgli caratteri, azioni e intenzioni tipicamente umani. è una tendenza molto diffusa, che si chiama antropomorfismo e, il più delle volte, ci fa scivolare in equivoci e conclusioni sbagliate.

NOSTRI SIMILI

La nostra capacità di umanizzare gli animali tocca l’apice se si tratta di scimmie. Si pensa spesso che quando ci troviamo di fronte a un altro primate lui inizi a “scimmiottare” i nostri comportamenti. In realtà accade l’opposto: siamo noi che, senza rendercene conto, li imitiamo. Siccome hanno mani, faccia e tante espressioni simili alle nostre, è facile e spontaneo immedesimarci in loro. Per esempio, se vediamo la foto di un babbuino che sbadiglia, subito pensiamo che abbia sonno. Molto probabilmente non è cos. se si tratta di un maschio alfa, dominante, che al contrario sta mostrando i denti e le gengive agli altri maschi del gruppo come segnale di aggressività.

IN CASA

Anche con gli animali domestici gli equivoci sono all’ordine del giorno. Quando il gatto si struscia, per esempio, pensiamo sia un gesto di affetto, mentre con quel movimento vuole lasciare il suo odore su di noi. In pratica ci sta marcando, forse perché siamo stati fuori casa e abbiamo perso un po’ del suo odore, oppure per ribadire che siamo territorio suo davanti ad altri animali. E che dire dei cani che, quando ne hanno combinata una, assumono quella tipica espressione mesta: si tratta di una risposta al rimprovero del padrone e non all’azione “sbagliata”, come ha dimostrato Alexandra Horowitz, una neuro-etologa del Barnard College di New York. È falso anche che i cani sentano l’umore del padrone: hanno soltanto imparato a riconoscere la faccia allegra o arrabbiata e ad associarla alle conseguenze. Scuro in viso? Niente passeggiata o giochi o coccole.

ORSI IN COMPAGNIA

Il lavoro degli etologi, gli scienziati che studiano il comportamento degli animali, ha più volte messo a tacere altre false convinzioni, come quella che vuole gli orsi animali solitari. L’etologo Benjamin Kilham ha scoperto che, a volte, si fanno persino degli “amici”, arrivando addirittura ad aiutarsi reciprocamente. Quando il cibo scarseggia nel territorio di un individuo ma abbonda in quello di un altro, Kilham ha osservato che l’orso con più bacche sugli alberi permette al compagno in difficoltà di sconfinare nel suo per mangiare.

NON SOLO SGUARDI

Un’altra fonte di equivoci è il fatto che siamo abituati a cercare segnali di interesse, allarme o paura nel movimento degli occhi e del capo, come accade per l’uomo, mentre molte specie comunicano i loro stati d’animo in modo diverso. Per gli orsi e i cavalli, ad esempio, sono le orecchie a rivelare le emozioni. Del resto, gli occhi degli animali scatenano nell’uomo una forte partecipazione emotiva, tanto che in alcuni villaggi africani dove i babbuini distruggevano i raccolti, i nativi si dicevano l’un l’altro: «Non guardare mai un babbuino negli occhi, perché poi ucciderlo diventa troppo difficile».

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