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FocusJunior.itAnimaliAnimali selvaticiPerché la puntura della medusa “brucia”?

Perché la puntura della medusa “brucia”?

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La risposta risiede nelle particolari caratteristiche dei tentacoli. Ecco tutto quello che dovete sapere!

La puntura della medusa è forse l'inconveniente più temuto dai bagnanti, perché un semplice "tocco" con queste creature può provocare bruciori, dolori e, in certe parti del mondo, anche molto peggio.

Ma cosa rende così fastidioso il contatto con queste creature?

Perché la puntura della medusa brucia? 

Le punture delle meduse sono dovute a organi speciali, le nematocisti o cnidocisti: sono piccole capsule chiuse da un opercolo, che contengono un filamento a spirale, rivolto verso l’interno. Quando un corpo estraneo sfiora questo apparato, un apposito ciglio fa scattare il meccanismo, il filamento viene estroflesso (cioè "scatta" fuori) e inietta nella vittima il veleno contenuto nella capsula.

Non basta però la sola stimolazione meccanica per attivare la trappola (altrimenti le nematocisti colpirebbero il loro proprietario), sono necessari anche segnali chimici che comunicano che il bersaglio è qualcosa di estraneo.

Le tossine iniettate sono una combinazione di sostanze proteiche che variano con la specie di medusa e gli effetti possono essere molto diversi: da irritazioni appena avvertibili fino a terribili bruciature.

Le vespe di mare o cubomeduse (generi Chironex, Carukia, Chiropsalmus) sono tra gli animali più velenosi al mondo, capaci nei casi più gravi di uccidere anche un uomo adulto. Nei mari australiani, dove sono presenti, le cubomeduse fanno più vittime degli squali, anche se gli attacchi di questi ultimi fanno molto più scalpore.

Il rapporto con gli altri animali

Gli organi urticanti delle meduse non sono solo armi difensive, ma servono anche per catturare le loro prede, che sono quanto mai varie: dal plancton, a uova di pesci, fino a organismi più grandi, comprese altre meduse. Il veleno delle nematocisti, tuttavia, non funziona sempre e diversi animali marini sono invulnerabili. Tra questi i pesci luna e la grande tartaruga liuto, che infatti divorano moltissime meduse.

A volte all’interno dell’ombrello di alcune specie, come il grande polmone di mare, si osservano i giovani di un granchio legato ai fondali sabbiosi, Liocarcinus vernalis, che passa i primi mesi di vita ben protetto all’interno del grande invertebrato, nutrendosi dei residui di cibo della medusa, la quale viene costantemente ripulita dal suo ospite. Anche alcuni pesci, come i giovani “sugherelli” (genere Trachurus), sono immuni al veleno e usano le meduse come nascondiglio dai possibili pericoli. Recenti studi mostrano che si nutrono dell’animale che le protegge.

E in caso di puntura?

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