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FocusJunior.itScienzaAmbienteTerremotiChe cosa sono i terremoti, come si formano e come prepararsi ad affrontarli

Che cosa sono i terremoti, come si formano e come prepararsi ad affrontarli

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Scopri con noi perché si verificano i terremoti, come si calcola la loro intensità e cosa si può fare per essere pronti in caso di scossa sismica

Un terremoto o sisma consiste in una serie di rapide oscillazioni del suolo dovute a un brusco rilascio dell’energia accumulatasi in una zona sotterranea compresa tra poche decine di metri e centinaia di chilometri di profondità, l’ipocentro. Il punto sulla superficie terrestre situato sulla verticale dell’ipocentro si chiama epicentro. Gli “scossoni” che si propagano in tutte le direzioni a partire dall’ipocentro sono dovuti alle deformazioni della roccia causate dalle onde sismiche.

Come si verificano i terremoti

Durante un terremoto può verificarsi una scossa principale, seguita da una serie di repliche di minore intensità o scosse di assestamento (un termine ingannevole, perché non assestano affatto il terreno e possono durare per settimane, o addirittura mesi). Quando le serie di scosse sono più o meno della stessa entità di parla di sciame sismico, come è avvenuto per gli ultimi terremoti nelle Marche, in Abruzzo e in Emilia.

Il rilascio di energia meccanica, e quindi i movimenti del suolo, sono dovuti all’accumulo di stress sulle rocce tra una placca tettonica (i “tasselli” in cui è suddivisa la crosta terrestre) e l’altra. Il punto di rottura, dove la roccia sottoposta a pressioni è meno resistente, si chiama faglia. Nel tempo, l’energia che di norma farebbe scivolare l’uno contro l’altro i margini della faglia si accumula, finché lo stress è tale che va rilasciato.

A quel punto, l’energia stipata viene liberata tutta insieme: ecco perché i terremoti possono risultare anche molto violenti. La superficie sulla quale i due blocchi di crosta sottoposti a pressione scivolano l’uno sull’altro, è detta piano di faglia.

Come si calcola la potenza di un sisma?

La “forza” dei terremoti si misura in due modi diversi: calcolandone la magnitudo, ossia l’energia sprigionata nel punto di origine (l’ipocentro), oppure l’intensità, cioè valutando gli effetti che quel terremoto ha provocato sull’ambiente o sulle opere costruite dall’uomo (case, strade, ponti).

La magnitudo è una misura fisica precisa dell’energia del sisma, che viene calcolata in pochi minuti attraverso strumenti che misurano spostamento, velocità e accelerazione del suolo, i sismografi. Dopo una misurazione preliminare fornita dai sismografi più vicini all’ipocentro, l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV), l’ente che in Italia si occupa dello studio di vulcani e terremoti, raccoglie dati più precisi da varie stazioni sismologiche diffuse in tutto il territorio. Può quindi capitare che entro 10-15 minuti dalla prima stima di magnitudo i dati vengano aggiornati con una maggiore precisione.

La magnitudo dei terremoti si misura con la Scala Richter, che va da 0 a 13 gradi, dove 1,5 equivale all’intensità dell’esplosione di una piccola carica da costruzioni edili, e 13 a quella dell’asteroide che cancellò i dinosauri.

L’intensità dei terremoti viene invece valutata con interventi successivi, attraverso una prima stima dei danni avvenuti. Si misura con la Scala Mercalli, con valori da I a XII, espressi in numeri romani. Questo secondo tipo di misurazione ha il vantaggio di non avere necessariamente bisogno di strumenti scientifici, e può essere applicata anche a epoche storiche del passato.

Lo svantaggio è che non è una misura del tutto oggettiva: lo stesso sisma può causare danni molto diversi in una città in cui case, ponti e uffici siano costruiti con criteri antisismici (per esempio, perché capaci di oscillare in modo elastico durante le scosse) o in un antico borgo medievale in cui non si sia fatto alcun tipo di prevenzione.

Le onde sismiche: cosa sono e quanti tipi esistono

Per capire il punto esatto di origine di un terremoto si analizzano le onde sismiche, che sono principalmente di due tipi: le onde P o primarie sono le più veloci e viaggiano per compressione e dilatazione, con gli stessi movimenti di una molla. Le onde S o secondarie sono più lente delle P e si propagano perpendicolarmente alla loro direzione, come un serpente, o come una coda lasciata oscillare sui lati. Non attraversano i liquidi e non causano una compressione delle rocce. Quando onde P ed S raggiungono la superficie allora si sviluppano altri due tipi di onde, le onde di Rayleigh, simili a quelle di un sasso lanciato nello stagno, e le onde di Love, che fanno vibrare il terreno sul piano orizzontale. Incrociando i dati su tutti questi tipi di onde restituiti dai sismografi, gli scienziati possono capire la distanza dall’epicentro e quindi il punto di origine di un terremoto.

Come prepararsi ai terremoti?

Purtroppo i sismi non si possono prevedere: si può solo ipotizzare che in corrispondenza di una determinata faglia prima o poi se ne verificherà uno (come si pensa accadrà sulla Faglia di Sant’Andrea, in California) anche se nulla si può dire sul quando: non è come elaborare le previsioni del tempo!

Possiamo però prepararci in anticipo considerando che l’Italia è una penisola sismica, che ha vissuto negli ultimi 1000 anni circa 3000 terremoti, 300 dei quali con effetti distruttivi. Per prima cosa è importante informarsi su come sia costruita la tua casa, su che tipo di terreno e con quali materiali, e se risponda alle ultime normative antisismiche. Possiamo individuare gli angoli sicuri della casa (i vani delle porte, gli angoli delle pareti, sotto il tavolo), sapere come si chiudono i rubinetti di acqua e gas in caso di emergenza, e allontanare i mobili pesanti dal letto in cui dormiamo.

Se arriva un terremoto, è importante mettersi al riparo, proteggersi da eventuali oggetti in caduta come intonaco, vetri, calcinacci; se all’aperto, stare lontani dai balconi, dagli alberi e dai pali della luce, e stare attenti ad eventuali perdite di gas e crolli di ponti. Con addosso le scarpe (per via dei detriti che possono cadere sulla strada) è bene raggiungere il punto di raccolta previsto dal Piano della Protezione Civile per il proprio comune, ed evitare di utilizzare molto auto e cellulare, per non intralciare i soccorsi.

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